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Il grano ucraino viaggia sul treno sbagliato e Putin ne approfitta

Il Donbass  è quella regione che non mette d’accordo nessuno, nemmeno la Comunità internazionale. Ugo Poletti, direttore dell’Odessa Journal, ci spiega come mai gli ucraini non scendano a patti su questo punto e le ragioni per cui il grano ucraino non può viaggiare via treno.
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Il grano ucraino viaggia sul treno sbagliato e Putin ne approfitta

Il Donbass  è quella regione che non mette d’accordo nessuno, nemmeno la Comunità internazionale. Ugo Poletti, direttore dell’Odessa Journal, ci spiega come mai gli ucraini non scendano a patti su questo punto e le ragioni per cui il grano ucraino non può viaggiare via treno.
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Il grano ucraino viaggia sul treno sbagliato e Putin ne approfitta

Il Donbass  è quella regione che non mette d’accordo nessuno, nemmeno la Comunità internazionale. Ugo Poletti, direttore dell’Odessa Journal, ci spiega come mai gli ucraini non scendano a patti su questo punto e le ragioni per cui il grano ucraino non può viaggiare via treno.
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Il Donbass  è quella regione che non mette d’accordo nessuno, nemmeno la Comunità internazionale. Ugo Poletti, direttore dell’Odessa Journal, ci spiega come mai gli ucraini non scendano a patti su questo punto e le ragioni per cui il grano ucraino non può viaggiare via treno.
“Con la deportazione e l’uccisione di massa di civili nel Donbass, i russi stanno compiendo un genocidio”. Zelensky riaccende i fari sulla regione della discordia che non conosce pace dal 2014: non l’ha trovata sotto l’Ucraina, né la troverà con la Russia, sempre più vicina a conquistarla per intero.  Parte della diplomazia internazionale spinge perché l’Ucraina arretri sul Donbass, considerandolo l’agnello sacrificale in grado di “saziare” l’Armata rossa. Il Governo ucraino tuttavia non è nella posizione di voltare le spalle a questa lingua di terra affacciata sul mare Azov, dopo che migliaia di uomini – alcuni dei quali lì hanno casa e famiglia – stanno difendendo la patria con le unghie e con i denti. “E’ un po’ come se la Turchia attaccasse l’Italia e noi, perché ce lo chiede la Comunità internazionale, le dessimo la Sicilia – puntualizza Ugo Poletti, direttore dell’Odessa Journal – Come quando, per arginare le ipotesi di un nuovo conflitto, si decise di cedere un pezzo di Cecoslovacchia a Hitler, che 4 mesi dopo la invase per intero”. Sull’ipotesi paventata da Zelensky (“che una volta caduta l’Ucraina, Putin punti ai territori limitrofi come Lettonia e Lituania), Poletti è scettico: “E’ parte della sua strategia comunicativa. Non è pensabile che nell’immediato l’esercito russo possa affrontare una nuova guerra. In questi tre mesi hanno perso più uomini che in 9 anni di Afghanistan – continua – E il fatto che abbiano tolto il tetto di età, prima fissato a 40 anni, per i volontari è un altro segno di debolezza; difficilmente Putin costringerà i figli delle famiglie di Mosca e San Pietroburgo ad arruolarsi. E’ vero, in questi giorni sono avanzati ma il loro esercito è sfinito: combatte in un Paese dove tutti sono ostili, vengono mandati al massacro, patiscono la fame e il freddo. L’impressione è che fra qualche mese dovranno per forza fermarsi. Anche i nostri sono stremati ma lo spirito è completamente diverso: la loro è una lotta garibaldina”.  La loro Resistenza in effetti ha sorpreso tutti. L’Armata Rossa in primis, ma anche l’Europa così come gli Stati Uniti. “Se la popolazione ha tenuto testa è anche grazie alle armi che sono arrivate soprattutto da Canada e Gran Bretagna, già pronti con gli armamenti da inviare. Dunque sbaglia il Ministro degli Esteri ucraino Dymitro Kuleba a dire che la NATO non abbia fatto nulla – puntualizza il direttore Poletti – Le sue parole sono persino arroganti, anche perchè, se vogliamo dirla tutta, l’Ucraina non è nemmeno parte della NATO”.  Mentre Biden annuncia la fornitura di armi più potenti a Kiev, come i tanto agognati missili a lungo raggio, Poletti ricorda il cinismo dimostrato dagli USA all’inizio: “Nel primo mese non hanno inviato nulla, pensando che sarebbero caduti immediatamente. Solo quando hanno visto che gli ucraini contrattaccavano, hanno capito che conveniva anche a loro sostenere la battaglia”. Del resto è ormai chiaro come questo conflitto riguardi praticamente tutti. Anche quei Paesi che in un primo momento sembravano esclusi. A causa del ricatto russo sul grano, si rischia per esempio di innescare un effetto domino in larga parte del continente africano. “E’ diventata chiara la mancanza di lungimiranza su tante cose da parte dei Governi  – conclude Poletti – Noi come Italia stiamo pagando la miopia avuta sul fronte energetico. In Ucraina ci si è resi conto di come il trasporto ferrato debba essere implementato. Prima della guerra uscivano 7 tonnellate di granaglie al giorno, oggi non più di una. Il motivo sta anche nel fatto che la ferrovia locale ha binari più larghi rispetto a quelli dei Paesi confinanti e ciò non permette ai vagoni di continuare il viaggio”. E, si sa, in tutte le relazioni – siano esse d’amore come di pace – viaggiare su binari diversi non ha mai portato a nulla di buono.

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