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Dallo sport alla scienza, il mondo banna la Russia

La guerra ha mosso le acque di mondi soltanto all’apparenza lontani: dallo sport alla scienza, le reazioni per bannare la Russia sono molteplici e dividono ancora l’opinione pubblica.

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Dallo sport alla scienza, il mondo banna la Russia

La guerra ha mosso le acque di mondi soltanto all’apparenza lontani: dallo sport alla scienza, le reazioni per bannare la Russia sono molteplici e dividono ancora l’opinione pubblica.

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Dallo sport alla scienza, il mondo banna la Russia

La guerra ha mosso le acque di mondi soltanto all’apparenza lontani: dallo sport alla scienza, le reazioni per bannare la Russia sono molteplici e dividono ancora l’opinione pubblica.

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La guerra ha mosso le acque di mondi soltanto all’apparenza lontani: dallo sport alla scienza, le reazioni per bannare la Russia sono molteplici e dividono ancora l’opinione pubblica.

I 100 giorni di guerra in Ucraina hanno posto l’Occidente davanti a domande che intrecciano la politica e l’economia all’etica.

Si pensi al mondo dello sport, uno dei primi a reagire in modo compatto contro Mosca. La vicenda dei tennisti russi e bielorussi esclusi da Wimbledon ha travalicato la realtà sportiva, per non dire del tennis, mandando uno dei segnali più potenti e inequivocabili sull’isolamento in cui lo zar ha gettato il suo Paese. Domani l’Ucraina potrebbe conquistare la qualificazione ai Mondiali di calcio del prossimo novembre in Qatar contro il Galles, nello spareggio che è stato rinviato dall’Uefa a inizio giugno (come dolorosamente ricordiamo noi italiani, gli altri si sono tenuti a marzo) proprio per consentire alla rappresentativa di Kiev di organizzarsi nonostante la guerra. Dovesse vincere, la nazionale del ct Petrakov metterebbe a segno un altro colpo nella guerra di propaganda che Volodymyr Zelenski ha stravinto con Vladimir Putin.

Il mondo della scienza e della ricerca ha interessi molto più interconnessi e complessi del tennis o del calcio. Frutto (positivo e voluto dalla nostra parte di mondo) degli anni in cui l’Ovest ha puntato sull’evoluzione economica e politica della Russia. La scommessa è stata clamorosamente persa, ma certo non per colpa nostra. Oggi è giusto chiedersi se sia corretto consentire alla Russia di restare in progetti di ricerca che coinvolgano strutture, capitali e scienziati occidentali. Entro 10 giorni si deciderà sull’espulsione di circa mille scienziati russi dal Cern di Ginevra, uno dei Pantheon mondiali della ricerca. Ipotesi dolorosa e sconfortante, ma per i russi, conseguenza delle scelte del governo di Mosca.

Finché si tratta di accogliere, aiutare e sostenere singoli scienziati dissidenti – come si diceva ai tempi della Guerra fredda – non solo è nostro interesse, ma un dovere morale fare l’impossibile per loro. Pretendere che la ricerca scientifica collabori con uno Stato che si è macchiato di una serie infinita di violazioni del diritto internazionale e dovrà rispondere dell’accusa di crimini di guerra, è tutt’altra faccenda.

L’ipotesi è irricevibile, pure in nome della neutralità della scienza. Tanto per cominciare, la ricerca non è mai neutrale in senso assoluto, a meno di non voler dare spazio alle degenerazioni e aberrazioni che il Novecento ha purtroppo ben conosciuto. È doveroso tener lontani da risultati e traguardi condivisi quei governi che abbiano mostrato profondo disprezzo per la convivenza civile. Chi è contrario all’esclusione sostiene che si continuò a lavorare insieme anche in piena era sovietica: francamente non abbiamo memoria di una collaborazione fra Occidente e Urss nella corsa alla Luna, per tacere della rivoluzione digitale. Rivoluzioni scientifiche entrambe nate da esigenze geopolitiche e militari.

Come scritto, si tratta di una realtà non sovrapponibile alla tutela del singolo scienziato. Si pensi a quello che sta emergendo sull’operazione di intelligence sanitaria che i russi tentarono in Italia ai tempi dell’ormai fantasmagorica missione “Dalla Russia con amore“. Ironizzando amaramente, potremmo scrivere che non sono stati capaci neppure di copiare, visto che il vaccino Sputnik non funziona e resta ancora tutta da chiarire la vicenda delle sequenze del virus isolate all’ospedale Spallanzani di Roma.

Non vorremmo mai perdere il talento e l’intelligenza russa, faremo di tutto perché questo non accada, amiamo profondamente la cultura e la storia di un grande Paese (così legato al gusto e al design italiano, si direbbe oggi) ma non possiamo essere disposti ad accettare cinismo e ipocrisia in cambio della qualità dei ricercatori. Ne faremo a meno, fin quando sarà necessario. Anche nello spazio, dove i russi minacciano e fanno la voce grossa, ma per ora si guardano bene dall’abbandonare la Stazione Spaziale Internazionale.

Sanno bene che a perderci sarebbero loro e che la ricerca occidentale è ampiamente autosufficiente.

  di Fulvio Giuliani

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