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Il sereno crepuscolo di Jimmy Carter

Uno dei presidenti più ammirati nella storia del paese americano, una figura complessa rivalutata per le sue battaglie ambientaliste
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Il sereno crepuscolo di Jimmy Carter

Uno dei presidenti più ammirati nella storia del paese americano, una figura complessa rivalutata per le sue battaglie ambientaliste
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Il sereno crepuscolo di Jimmy Carter

Uno dei presidenti più ammirati nella storia del paese americano, una figura complessa rivalutata per le sue battaglie ambientaliste
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Uno dei presidenti più ammirati nella storia del paese americano, una figura complessa rivalutata per le sue battaglie ambientaliste
Il “vecchio” Jimmy è a casa sua, tra figli, nipoti e la moglie Rosalynn, sposata 77 anni fa, ricevendo cure palliative per il cancro che ha combattuto nell’ultimo decennio. Pochi politici sono stati amati dagli americani come Jimmy Carter, 98enne ex presidente degli Stati Uniti. Forse è uno degli esempi più puri degli effetti della damnatio memoriae – o cancel culture, come si scrive oggi – che connota i nostri tempi, in cui si è critici verso il presente e si rivaluta il passato.

Eppure, Carter è stato uno dei più divisivi a occupare quello scranno, tra l’altro con un solo mandato portato a termine, dal 1977 al 1981, prima dell’ascesa di Ronald Reagan: secondo la classifica annuale di Gallup sugli uomini più ammirati (condotta dal 1946 al 2020) Carter è al terzo posto con 31 nomination, alle spalle di Bill Graham – ministro evangelico battista del sud, famoso negli anni ’40 con sermoni trasmessi in radio e tv – e a Ronald Reagan, che lo superò alle presidenziali.

Anche un altro sondaggio di YouGov certifica lo status di Carter, piazzato al terzo posto tra i presidenti più ammirati nella storia del paese, dietro a Barack Obama e Donald Trump. Non è solo il presidente più anziano, ma è diventato un mito, un mediatore politico. D’altronde, la sua storia ricalca l’archetipo dell'”american dream”: un coltivatore di noccioline in uno stato povero come la Georgia che diventa governatore, poi presidente degli Stati Uniti.

Carter è stata una figura politica complessa, la sua rivalutazione è partita con il Nobel per la Pace assegnatogli 21 anni fa per l’impegno, assieme alla moglie, per il Carter Center, organizzazione fondata due anni dopo la fine del suo mandato alla White House. Carter è stato anche uno coraggioso: al giuramento da governatore della Georgia (uno degli stati segregazionisti) nel 1970 disse che il tempo della segregazione razziale era finito.

Dieci anni dopo fu battuto da Reagan per non essere riuscito a risollevare l’economia americana, non aver trovato una soluzione alla crisi energetica, ma pesarono sulla mancata rielezione quei 52 ostaggi statunitensi asserragliati per oltre 400 giorni nell’ambasciata di Teheran, assalita da studenti islamici e attivisti per l’ingresso dello Scià su territorio americano – su decisione di Carter – per curare una grave malattia. In Iran l’antiamericanismo era esasperato, l’operazione diplomatica fallì e Carter fu anche sfortunato: la liberazione degli ostaggi avvenne solo qualche ora dopo l’ingresso di Reagan alla Casa Bianca.

La rivalutazione di Carter è legata alle battaglie ambientaliste – fece installare i pannelli solari sui tetti della Casa Bianca – e al suo capolavoro politico, gli accordi di Camp David, firmati il 17 settembre del 1978 dal presidente egiziano Anwar al-Sadat e dal Primo Ministro israeliano Menachem Begin alla Casa Bianca, dopo 12 giorni di negoziazioni segrete. Accordi che nel 1979 portano al trattato di pace israelo-egiziano.

Di Nicola Sellitti

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