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Il terrore di Beirut

Una guerra su vasta scala tra Hezbollah e Israele getterebbe il Libano nel caos

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Una guerra su vasta scala tra Hezbollah e Israele getterebbe il Libano nel caos

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Una guerra su vasta scala tra Hezbollah e Israele getterebbe il Libano nel caos

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Una guerra su vasta scala tra Hezbollah e Israele getterebbe il Libano nel caos

Dal giorno successivo agli attentati del 7 ottobre gli scontri tra Israele e gli Hezbollah libanesi hanno causato centinaia di morti e lo sfollamento di decine di migliaia di persone, alimentando costantemente il rischio che questo ciclo di violenza relativamente contenuto ai due lati della frontiera israelo-libanese possa degenerare in un conflitto totale.

Tra attacchi e contrattacchi, provocazioni e rappresaglie, minacce ed esecuzioni mirate, sia Hezbollah che Israele hanno dimostrato di non voler allargare lo scontro. Ma c’è sempre il rischio di un errore di calcolo e l’attacco di sabato scorso alla cittadina drusa di Majdal Shams nelle alture del Golan – territorio siriano sotto controllo israeliano – potrebbe essere il casus belli che scatena la guerra. Tel Aviv accusa Hezbollah di aver lanciato un missile su un campo da calcio che ha ucciso 12 drusi (quasi tutti bambini) e ha promesso di rispondere. Probabilmente è stato un incidente – poche ore prima la milizia libanese aveva infatti annunciato di aver preso di mira dei soldati israeliani posizionati a tre chilometri dal luogo della strage – tuttavia questo non rende meno grave l’accaduto.

Il resto del Libano, intanto, attende con terrore la reazione israeliana e le possibili conseguenze. Da ottobre a oggi la maggior parte degli attacchi di Israele ha colpito il Sud del Libano (dove i villaggi sono già distrutti o deserti) e la valle nord-orientale della Beqā, due regioni in cui opera Hezbollah. Una campagna che prenda di mira luoghi finora incontaminati dal conflitto, tra cui alcune zone della capitale Beirut, potrebbe dare inizio a una fase di combattimenti imprevedibile che getterebbe il Libano, in crisi economica e politica permanente da quasi un decennio, nel caos più totale.

Hezbollah si prepara a uno scontro esistenziale con Israele fin dalla conclusione della guerra combattuta nel 2006 che inflisse gravi danni a entrambe le parti. In base alle stime occidentali la milizia possiede 150mila tra razzi e missili che possono saturare i sofisticati sistemi di difesa aerea di Israele, permettendo ai missili di precisione di colpire obiettivi in profondità. L’aviazione israeliana però non può essere fermata da Hezbollah: la risposta di Tel Aviv sarebbe implacabile e, come promesso da diversi esponenti del governo di Benjamin Netanyahu, non si limiterebbe al Libano meridionale.

Un conflitto su vasta scala avrebbe un impatto devastante sul Paese dei cedri, con o senza invasione terrestre. Dall’inasprimento della crisi iniziata nel 2011 dopo lo scoppio della guerra civile siriana, l’economia libanese è crollata. Tra il 2019 e il 2021 il Pil si è contratto del 53,4% mentre il Pil pro capite si riduceva di un terzo. L’80% della popolazione vive in condizioni di povertà, le dispute politiche bloccano l’elezione di un presidente da quasi due anni, il governo ha un’influenza praticamente nulla su Hezbollah e il Libano appare impotente, totalmente in balia degli eventi.

Ma la guerra non è inevitabile. Le diplomazie stanno cercando di evitare l’escalation e il portavoce del Ministero degli Esteri israeliano ha detto che per prevenire un conflitto è necessario implementare la risoluzione 1701 delle Nazioni Unite approvata alla fine della guerra del 2006. Il testo include il ritiro dei gruppi armati dal Libano meridionale, a Nord del fiume Leonte. Una soluzione in linea con il diritto internazionale, pragmatica, pacifica, in un quadrante del Medio Oriente dove sembra impossibile trovare soluzioni che vadano oltre un fragile cessate il fuoco. In attesa della prossima guerra.

di Federico Bosco

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