Il voto farsa in Nicaragua
| Esteri
Domenica 7 novembre Daniel Ortega è stato rieletto per la quinta volta presidente del Nicaragua: la quarta consecutiva. Stati Uniti, Unione Europea, Osa (Organizzazione degli Stati americani), la Chiesa cattolica e gran parte dei Paesi della regione hanno definito il risultato «una farsa» mentre l’amministrazione Biden ha annunciato sanzioni.

Il voto farsa in Nicaragua
Domenica 7 novembre Daniel Ortega è stato rieletto per la quinta volta presidente del Nicaragua: la quarta consecutiva. Stati Uniti, Unione Europea, Osa (Organizzazione degli Stati americani), la Chiesa cattolica e gran parte dei Paesi della regione hanno definito il risultato «una farsa» mentre l’amministrazione Biden ha annunciato sanzioni.
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Il voto farsa in Nicaragua
Domenica 7 novembre Daniel Ortega è stato rieletto per la quinta volta presidente del Nicaragua: la quarta consecutiva. Stati Uniti, Unione Europea, Osa (Organizzazione degli Stati americani), la Chiesa cattolica e gran parte dei Paesi della regione hanno definito il risultato «una farsa» mentre l’amministrazione Biden ha annunciato sanzioni.
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Il 75,92% dei votanti, il 45,85% degli iscritti alle liste elettorali, il 31,06% dei nicaraguensi. A queste percentuali, secondo il Consiglio supremo elettorale, corrispondono i 2.053.342 voti con cui domenica 7 novembre Daniel Ortega sarebbe stato rieletto per la quinta volta presidente del Nicaragua: la quarta consecutiva. Soltanto che Stati Uniti, Unione Europea, Osa (Organizzazione degli Stati americani), la Chiesa cattolica e gran parte dei Paesi della regione hanno definito il risultato «una farsa» mentre, in particolare, l’amministrazione Biden ha annunciato sanzioni.
Resta addirittura il dubbio su quanta gente abbia votato sul serio, dal momento che ad esempio l’Osservatorio cittadino Urnas Abiertas insiste su un’astensione tra il 79 e l’84%. Media di opposizione come “La Prensa” hanno riportato foto di seggi desolatamente vuoti e riferito che dove si vedevano file si trattava di dipendenti pubblici precettati. In 203 centri di votazioni è stato denunciato l’afflusso di elettori con veicoli di Stato, in 71 episodi propaganda del partito di governo nei seggi.
Ma comunque, pure se l’affluenza e i risultati fossero stati genuini, il dato sarebbe lo stesso gravemente falsato.
Le possibilità di vittoria di Ortega a maggio sembravano buone, il governo aveva disposto a suo favore il calendario elettorale e l’opposizione era divisa. Ma poi sono usciti i risultati di un sondaggio Cid-Gallup che mostrava cinque potenziali candidati dell’opposizione con indici di approvazione più alti di Ortega. Nelle settimane successive tutti e cinque sono stati arrestati insieme ad altri due potenziali contendenti.
Non solo i sette sono ancora in carcere o agli arresti domiciliari, ma Ortega ha ‘festeggiato’ la vittoria definendoli «figli di cagna» e chiarendo che per lui «non sono più nicaraguensi»: ragion per cui ora i loro familiari si stanno seriamente preoccupando. Anche i partiti dei candidati arrestati sono stati banditi e Ortega ha gareggiato con sei rivali quasi sconosciuti nominati da una manciata di piccoli partiti collaborazionisti popolarmente conosciuti come ‘zanzare’: termine già usato per gli oppositori fittizi dell’epoca di Somoza, perché partecipano solo per ‘succhiare il sangue’ dei finanziamenti pubblici ai partiti.
Attivisti governativi hanno poi minacciato rappresaglie verso chi non fosse andato a votare e tutti ricordavano la repressione della protesta dell’aprile 2018, che fece 328 morti e oltre 100mila esuli.
Sono stati appunto denunciati anche 200 casi di violenza, tra cui intimidazioni degli elettori o impedimento all’ingresso di osservatori indipendenti. Ai media internazionali non è stato dato il permesso per seguire le elezioni e alcuni giornalisti stranieri che cercavano di entrare comunque nel Paese sono stati respinti alle frontiere o quando cercavano di salire su un aereo. E la notte prima del voto sono stati arrestati altri 15 oppositori.
Di Maurizio Stefanini
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