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Il web, il campo di battaglia della guerra russa

Lo avevamo già scritto: la guerra tra Russia e Ucraina si combatte soprattutto in rete. Tra social e siti copia, la “verità russa” si propaga a macchia d’olio. Ma qualcosa si può fare.
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Il web, il campo di battaglia della guerra russa

Lo avevamo già scritto: la guerra tra Russia e Ucraina si combatte soprattutto in rete. Tra social e siti copia, la “verità russa” si propaga a macchia d’olio. Ma qualcosa si può fare.
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Il web, il campo di battaglia della guerra russa

Lo avevamo già scritto: la guerra tra Russia e Ucraina si combatte soprattutto in rete. Tra social e siti copia, la “verità russa” si propaga a macchia d’olio. Ma qualcosa si può fare.
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Lo avevamo già scritto: la guerra tra Russia e Ucraina si combatte soprattutto in rete. Tra social e siti copia, la “verità russa” si propaga a macchia d’olio. Ma qualcosa si può fare.
Sin dai primi giorni dell’aggressione della Russia di Putin all’Ucraina, su queste colonne avevamo sottolineato come la guerra si stava combattendo pure in ambito informatico con armate di hacker schierate da entrambe le parti. Non sono mancati, in questi nove mesi di ostilità, momenti di grave tensione nella Grande Rete, con invasioni di campo che hanno esondato i confini geografici dei duellanti e interessato molti attori indiretti – non per ultimi alcuni siti istituzionali italiani. Negli ultimi giorni Meta, la società di Facebook, ha annunciato di aver bandito dalla piattaforma 1.600 utenti falsi che diffondevano fake news grazie a un elaborato sistema che riproduceva 60 fra i maggiori siti di informazione britannici, tedeschi, italiani, francesi e ucraini al fine di propagandare la “verità russa” riguardo guerra, sanzioni e crisi energetica. Che la guerra si combatta anche grazie alle armi della disinformazione di massa, attraverso la sapiente opera di inquinamento della realtà, è cosa risaputa, ma attraverso l’interconnessione continuativa il fenomeno arriva a coinvolgere la stragrande maggioranza di utenti nelle varie piattaforme che accompagnano la quotidianità. In particolare, i social network – immaterialmente abitati da miliardi di utenti che si nutrono di post e rilanci – sono una delle vie più rapide ed efficaci per diffondere notizie false grazie a fitte trame di condivisione compulsiva. Chi popola i social conosce bene il fenomeno: spesso una notizia viene data per vera nonostante non si sia appurata la fonte da cui proviene, poiché ritenuta attendibile per il numero di interazioni che genera. Gli hacker conoscono bene vizi e virtù di queste piattaforme e riescono, perciò, a sfruttarne al meglio il potenziale, puntando tutte le fiche sulla carenza di un sistema certificativo che permetta di distinguere, a colpo d’occhio, una notizia degna di fede da una completamente fasulla. Tale è il caso dei “siti copia”, i cui caratteri somigliano talmente tanto all’originale da indurre l’utente medio a credere che il sito in questione sia esattamente quello. Se una notizia viene condivisa da un sito che, nel nome e nella grafica, è quasi identico a uno molto autorevole, nell’arco di qualche ora l’opera è completa: milioni di utenti rilanceranno la ‘notizia’ perché la fonte è notoriamente affidabile – anche se poi questa è totalmente estranea alla diffusione del contenuto. L’attenzione non è mai troppa, anche (e soprattutto) sui social.   di Stefano Musu

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