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Impossibile una tregua contro Kiev

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Putin ha sottolineato che “sull’Ucraina un accordo è inevitabile”: certo, a patto che lo zar sia conscio che ogni obiettivo di pace non potrà essere accettato senza l’assenso di Kiev.

Impossibile una tregua contro Kiev

Putin ha sottolineato che “sull’Ucraina un accordo è inevitabile”: certo, a patto che lo zar sia conscio che ogni obiettivo di pace non potrà essere accettato senza l’assenso di Kiev.
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Impossibile una tregua contro Kiev

Putin ha sottolineato che “sull’Ucraina un accordo è inevitabile”: certo, a patto che lo zar sia conscio che ogni obiettivo di pace non potrà essere accettato senza l’assenso di Kiev.
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Bacia la mano che non puoi mozzare, spiegava quel diavolo di realismo politico che rispondeva al di nome di Niccolò Machiavelli. Ebbene, oggi quello sguardo cinico applicato alla guerra imperiale e di invasione russa in Ucraina (lontana dalla vittoria per Mosca) impone alcuni interrogativi le cui risposte non sono negoziabili. Risposte che hanno a che fare con il difendere le libertà e i cui comportamenti sono scontati, a meno di non voler derogare i principi di democrazia a rapporti di forza fra Stati. Questi interrogativi si pongono oggi – a maggior ragione – dopo gli accordi tra gli Stati Uniti e la Russia sullo scambio di prigionieri, che hanno portato Mosca a liberare la cestista americana Brittney Griner e ad avere in cambio il rilascio dagli Usa del mercante d’armi russo Viktor Bout. Questo scambio di prigionieri, figlio di un dialogo fra schieramenti militari in guerra che comunque si parlano, è stato seguito ieri da un incontro tra diplomatici russi e statunitensi a Istanbul, in Turchia, nel giorno in cui il capo russo Vladimir Putin ha sottolineato che «sull’Ucraina un accordo è inevitabile». Dettaglio politico per nulla trascurabile. Un’apertura a una diplomazia possibile sulla quale però i russi devono appuntare un post-it non negoziabile: dopo l’infame invasione dell’Ucraina, ogni accordo su una pace possibile non potrà essere accettato senza l’assenso di Kiev. Perché il Novecento degli invasori prepotenti è morto. Da un pezzo.   di Max Del Ponte  

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