
In Islanda una ricca previdenza
I pensionati islandesi hanno un problema: così tanti soldi che non sanno che farci! Il sistema funziona talmente bene che le sue risorse hanno raggiunto una consistenza di 50 miliardi di dollari. Resta però la diffidenza per gli investimenti all’estero.
| Esteri
In Islanda una ricca previdenza
I pensionati islandesi hanno un problema: così tanti soldi che non sanno che farci! Il sistema funziona talmente bene che le sue risorse hanno raggiunto una consistenza di 50 miliardi di dollari. Resta però la diffidenza per gli investimenti all’estero.
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In Islanda una ricca previdenza
I pensionati islandesi hanno un problema: così tanti soldi che non sanno che farci! Il sistema funziona talmente bene che le sue risorse hanno raggiunto una consistenza di 50 miliardi di dollari. Resta però la diffidenza per gli investimenti all’estero.
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I pensionati islandesi hanno un problema: così tanti soldi che non sanno che farci! Il sistema funziona talmente bene che le sue risorse hanno raggiunto una consistenza di 50 miliardi di dollari. Resta però la diffidenza per gli investimenti all’estero.
I pensionati islandesi hanno un problema: così tanti soldi che non sanno che farci! Il sistema funziona infatti talmente bene che le sue risorse hanno raggiunto una consistenza di 50 miliardi di dollari, il doppio del Prodotto interno lordo dell’intera isola. In un Paese che ha la popolazione di Firenze su una superficie che è un terzo dell’Italia, è oggettivamente difficile trovare più di tanto su cui investire in modo fruttuoso.
Dopo essere stati pesantemente coinvolti nella crisi finanziaria del 2007-2009, gli islandesi restano però ancora sospettosi all’idea di puntare troppi soldi sull’estero. È il dilemma che deve affrontare il primo ministro Katrín Jakobsdóttir, esponente di un partito che si chiama Sinistra-Movimento Verde ma che sta in una inconsueta coalizione con le due sigle storiche del centro-destra: i conservatori del Partito dell’Indipendenza e i liberali del Partito del Progresso.
Nella sua veste di ministro delle Finanze, il leader del Partito dell’Indipendenza Bjarni Benediktsson insiste sul concetto che «il sistema è diventato troppo grande» e che bisogna rivedere la regola che impedisce ai fondi pensionistici di investire all’estero più del 50% dei propri asset: «Inutile dire che non possiamo limitare tutte le opportunità di investimento al mercato interno».
Il sistema pensionistico islandese è basato su tre pilastri.
- Il primo è pubblico, finanziato dalle tasse, con una pensione di base che copre l’intera popolazione eccetto i redditi più alti e una complementare con limiti in relazione al reddito personale.
- Il secondo consiste in una pensione di lavoro obbligatoria, stabilita per legge con un contributo minimo del 12% dello stipendio: il 4% pagato dal lavoratore e l’8% dal datore di lavoro. Ma il regime contributivo più diffuso resta quello del 15,5%, col datore di lavoro che paga l’11,5%. Per chi ha 40 anni di contributi l’importo della pensione deve corrispondere almeno al 56% del reddito medio ottenuto durante gli anni di lavoro.
- Il terzo pilastro del sistema è quello del risparmio volontario. Si può andare in pensione a 67 anni nel settore privato e a 65 nel pubblico, ma in molti continuano a lavorare per un altro po’ di anni.
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Tag: pensioni
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