Indagini su Trump, una decisione fa capire che si andrà fino in fondo
| Esteri
Sono scattate le indagini su Donald Trump in merito all’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021. Molti temono l’impunità per i soggetti coinvolti, ma la condanna di Steve Bannon, ex stratega di Trump, fa capire che si andrà fino in fondo nel punire i responsabili.

Indagini su Trump, una decisione fa capire che si andrà fino in fondo
Sono scattate le indagini su Donald Trump in merito all’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021. Molti temono l’impunità per i soggetti coinvolti, ma la condanna di Steve Bannon, ex stratega di Trump, fa capire che si andrà fino in fondo nel punire i responsabili.
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Indagini su Trump, una decisione fa capire che si andrà fino in fondo
Sono scattate le indagini su Donald Trump in merito all’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021. Molti temono l’impunità per i soggetti coinvolti, ma la condanna di Steve Bannon, ex stratega di Trump, fa capire che si andrà fino in fondo nel punire i responsabili.
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Secondo fonti interne al Dipartimento di Giustizia, il procuratore generale Merrick Garland avrebbe dato il via a un’indagine formale in merito al coinvolgimento di Donald Trump nella pianificazione degli eventi del 6 gennaio 2021. Lo dimostrano le richieste da parte dello stesso Dipartimento di Giustizia del materiale inerente alle conversazioni e ai messaggi tra Trump, i suoi associati e il personale della Casa Bianca avvenuti tra la metà di dicembre fino ai giorni immediatamente successivi a quella data.
Il Dipartimento di Giustizia avrebbe anche convocato alcuni testimoni già interrogati all’interno dell’inchiesta del Comitato. Solo pochi giorni fa il procuratore generale Merrick Garland aveva affermato che un’indagine ufficiale su Trump non era da escludersi. «Se da un punto di vista giudiziario ci sono prove – aveva dichiarato in un’intervista alla “Nbc” – e hai elementi per un’azione penale e non lo fai, getti le basi per il comportamento futuro di altri presidenti. Non credo che una democrazia potrebbe sopravvivere».
Fin dall’inizio dell’inchiesta del Comitato, in molti si sono chiesti come si stesse muovendo il Dipartimento di Giustizia. Incombeva il timore che le testimonianze raccolte potessero tradursi in lettera morta dal punto di vista giudiziario. Da settimane l’impunità per quello che il Comitato ha più volte identificato come «atto sovversivo» e «tentativo di colpo di Stato» veniva espressamente definita «pericolosa» per la salvaguardia della democrazia.
Il timore era anche accresciuto dall’impunità di molti potenziali testimoni che decidevano d’ignorare i mandati di comparizione del Comitato. Venerdì scorso la notizia della condanna di Steve Bannon aveva fatto però capire che qualcosa stava per muoversi. La difesa aveva sostenuto che il suo assistito aveva ritenuto le scadenze «flessibili» ma il mandato di comparizione gli era stato notificato il 23 settembre 2021 e –tenuto conto che Bannon aveva avuto quasi un anno per rispondere – la giuria non aveva esitato a emettere il verdetto di colpevolezza per oltraggio al Congresso.
Il Comitato si era interessato all’ex stratega di Trump dopo essere venuto a conoscenza di una telefonata di 11 minuti tra lui e l’allora presidente, avvenuta il 5 gennaio, giorno precedente all’insurrezione. Era stato a seguito di quella conversazione che, nel suo programma radiofonico, Bannon aveva preannunciato: «Domani si scatenerà l’inferno… allacciate le cinture». Cosa gli aveva detto Trump? Come sapeva che il giorno dopo si sarebbe “scatenato l’inferno”?
Il deputato repubblicano Adam Kinzinger aveva affermato che per il Comitato si trattava di una vittoria importante, in quanto stabiliva un precedente in grado di dissuadere chiunque dall’ignorare i mandati di comparizione. Lo stesso Kinzinger aveva inoltre affermato che il Comitato aveva già dimostrato le responsabilità penali di Trump e che ora la parola non poteva che passare alla giustizia. Adesso che Merrick Garland ha cominciato a muoversi, nessuno potrà più far finta d’ignorare l’inchiesta.
di Alessandra Libutti
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