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Iran e Israele dopo il flop e la grande paura

Iran e Israele: una vendetta per l’operazione mirata di Damasco scontata ma culminata in una pessima figura per Ayatollah e dubbi sul vero motivo dell’attacco

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Iran e Israele dopo il flop e la grande paura

Iran e Israele: una vendetta per l’operazione mirata di Damasco scontata ma culminata in una pessima figura per Ayatollah e dubbi sul vero motivo dell’attacco

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Iran e Israele: una vendetta per l’operazione mirata di Damasco scontata ma culminata in una pessima figura per Ayatollah e dubbi sul vero motivo dell’attacco

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Iran e Israele: una vendetta per l’operazione mirata di Damasco scontata ma culminata in una pessima figura per Ayatollah e dubbi sul vero motivo dell’attacco

Raramente si è assistito ad un’operazione militare in grande stile più annunciata o, se preferite, “telefonata“ di quella scatenata nella notte fra sabato e domenica dall’Iran contro Israele. Una vendetta per l’operazione mirata di Damasco, in cui è stato eliminato uno dei più alti comandanti dei Pasdaran iraniani, risoltasi in un clamorosissimo buco nell’acqua.

Fermiamoci un attimo, perché il fallimento tecnico-militare degli iraniani appare così gigantesco e per certi aspetti imbarazzante da dover essere quantomeno analizzato per non fermarsi alla superficie. Se è unicamente ciò che è apparso all’alba di ieri, parliamo non solo di uno schiaffo in piena faccia al regime degli Ayatollah, ma di una figura così sconfortante da minare seriamente il prestigio di Teheran.
In particolare, fra le varie organizzazioni terroristiche o para terroristiche a cui l’Iran garantisce sostegno finanziario e organizzativo in chiave anti israeliana e anti saudita.

Posto che il nemico giurato di Israele non poteva essere così impreparato e sprovveduto da non sapere che un attacco di questo tipo sarebbe stato semplicemente cancellato, delle due l’una: o all’Iran serviva comunque un po’ di propaganda tutto sommato a basso costo (tranne quello materiale dello spreco di droni e missili andati a schiantarsi sull’Iron Dome israeliano) oppure si è voluto testare a fondo la capacità di Tel Aviv e dei suoi alleati di reagire, per prepararsi a future eventualità. Magari non ancora calendarizzate, ma pianificate.

C’è anche una terza via: a Teheran sapevano che avrebbero quasi certamente ottenuto poco, ma concluso che l’inazione sarebbe stata persino peggiore agli occhi dell’opinione pubblica interna e dei tanti osservatori interessati della regione. Comunque sia, gli Ayatollah hanno fatto una pessima figura ed escono oggettivamente ridimensionati da un punto di vista militare, avendo concesso una vittoria tutto sommato facile al nemico di sempre.

Quanto a quest’ultimo, gestirla sarà fondamentale: graduare la risposta ed evitare un’escalation – esattamente come chiesto in tempo zero dal Presidente degli Stati Uniti Joe Biden – potrebbe significare vincere clamorosamente questa mano.

Per le caratteristiche politiche e psicologiche di Netanyahu e di almeno parte del suo governo, è tutt’altro che scontato. Comunque sia a Israele – dopo aver ridicolizzato droni e missili iraniani – converrebbe più di ogni altra cosa tenere a freno missili e bombardieri. Almeno per ora.

di Fulvio Giuliani

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