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Iran, le donne, i ragazzi e i ‘diversi’ dimenticati

È proprio impossibile trovare uno spazio anche piccolo-piccolo per ricordare lo stupro di massa a cui è sottoposta la gioventù in Iran?

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Iran, le donne, i ragazzi e i ‘diversi’ dimenticati

È proprio impossibile trovare uno spazio anche piccolo-piccolo per ricordare lo stupro di massa a cui è sottoposta la gioventù in Iran?

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Iran, le donne, i ragazzi e i ‘diversi’ dimenticati

È proprio impossibile trovare uno spazio anche piccolo-piccolo per ricordare lo stupro di massa a cui è sottoposta la gioventù in Iran?

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È proprio impossibile trovare uno spazio anche piccolo-piccolo per ricordare lo stupro di massa a cui è sottoposta la gioventù in Iran?

La domanda l’abbiamo già posta, ma restando disgraziatamente inevasa la riformuliamo: nelle università che si incendiano di indignazione per la tragedia umanitaria (indiscutibile, angosciante e penosa) della Striscia di Gaza, è proprio impossibile trovare uno spazio anche piccolo-piccolo per ricordare lo stupro di massa a cui è sottoposta la gioventù in Iran?

Fra tutte le indignazioni, pur comprensibili e sempre sintomo di una sensibilità da preservare, è mai possibile che quanto avvenga quotidianamente nella teocrazia in mano agli Ayatollah non susciti alcun tipo di reazione anche lontanamente paragonabile alla rabbia per la tragedia fra Israele e palestinesi?

La morte orrenda e raccapricciante della sedicenne – se di cen ne – Nika non merita nulla?

Sono domande retoriche, ce ne rendiamo conto, perché nessuno si sognerebbe di occupare un’università per reclamare il rispetto dei diritti degli omosessuali o delle donne nella Repubblica islamica dell’Iran. Non viene fatto, per motivi solo apparentemente misteriosi, perché questo vero e proprio sonno della ragione ha sia radici antiche, che strettamente legate all’attualità.

Nei confronti dell’Iran, la nostra pubblica opinione non è mai riuscita a creare dei robusti anticorpi per quanto accade quotidianamente: la sistematica violazione di ogni diritto dell’individuo e in modo particolare delle donne o di coloro che per insindacabile giudizio di chi detiene il potere sono “diversi” e soprattutto giudicati irrimediabilmente pericolosi per la moralità pubblica.

Gay appesi alle gru nelle pubbliche piazze, rapper condannati a morte perché osano cantare la propria voglia di libertà, ragazzine uccise perché non coprono bene i capelli o ammazzate dopo essere state violentate da quell’incubo a cielo aperto che è la “polizia morale”.

Un vero e proprio obbrobrio che va avanti da decenni e che se ne sta lì, senza solleticare più di tanto le corde dell’indignazione popolare italiana e non solo.

Pesano, senza ombra di dubbio, i rapporti ondivaghi e non di rado ipocriti che abbiamo tenuto con quel Paese, sino ai massimi livelli, ma ciò non toglie che gli stessi pronti ad alzare la voce e accusare Israele delle peggiori nefandezze tacciano miseramente nei confronti di Teheran.

Ed eccoci arrivati alla stretta attualità: il Paese degli Ayatollah è il più formidabile e giurato dei nemici dello Stato ebraico e, se non altro per banale logica, non può essere il nemico di chi chiede il boicottaggio di qualsiasi rapporto con le università israeliane o gli atenei vorrebbe occuparli per sollecitare le più dure prese di posizione da parte dei governi occidentali contro quello di Tel Aviv.

Per farla molto breve e semplice, il nemico del mio nemico è mio amico: vecchia e (in questo caso) sconfortante regola.

di Fulvio Giuliani

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