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Irlanda del Nord: non è il Sinn Féin ad aver vinto, ma i lealisti ad aver perso

Con la vittoria di Sinn Féin i nazionalisti repubblicani hanno strappato il primato al Democratic Unionist Party.
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Irlanda del Nord: non è il Sinn Féin ad aver vinto, ma i lealisti ad aver perso

Con la vittoria di Sinn Féin i nazionalisti repubblicani hanno strappato il primato al Democratic Unionist Party.
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Irlanda del Nord: non è il Sinn Féin ad aver vinto, ma i lealisti ad aver perso

Con la vittoria di Sinn Féin i nazionalisti repubblicani hanno strappato il primato al Democratic Unionist Party.
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Con la vittoria di Sinn Féin i nazionalisti repubblicani hanno strappato il primato al Democratic Unionist Party.
A due settimane dal voto si continua a parlare del caso nordirlandese. La vittoria del Sinn Féin – principale formazione nazionalista del Paese e a lungo braccio politico dell’Irish Republican Army – è senza dubbio importante per l’area repubblicana che per la prima volta in assoluto strappa il primato al Democratic Unionist Party, gli eterni avversari lealisti. Ora il nuovo premier dell’Irlanda del Nord dovrà essere espressione del partito di centrosinistra. Un risultato che ha rinfocolato le speranze (meno rumorose rispetto al passato, ma mai del tutto sopite) di un’Irlanda unita da parte di quell’elettorato storicamente minoritario nell’Ulster protestante. Tant’è che Mary Lou McDonald, presidente del SF, non esclude la possibilità di un referendum sull’unità «entro i prossimi cinque anni». Il quadro politico sembra favorire prospettive rosee per i repubblicani, ma i fatti, per ora, lasciano spazio a ben altre conclusioni. Serve fare una premessa doverosa sul risultato elettorale: non è il Sinn Féin ad aver vinto, ma i lealisti ad aver perso. Un artificio retorico che riassume il dato principale delle elezioni: il Dup che si presentava alla competizione del 5 maggio era vittima di sé stesso, delle faide interne e del conflitto sempre più acceso con i Conservative britannici, ma, seppur indebolito, non vuol dire che sia fuori dai giochi. Anzi, la reazione non è tardata ad arrivare. Il regolamento dell’Irlanda del Nord prevede un’equa ripartizione di cariche tra protestanti e cattolici – volendo usare le categorie storiche della zona – e sinora l’accordo si è sempre raggiunto con il Dup a capo della maggioranza. Cambiati i rapporti di forza, i lealisti hanno scelto la strada dell’ostruzionismo, impedendo il processo di condivisione di potere così da far saltare il banco in occasione della prima seduta dell’Assemblea. Non sarà eletto alcun oratore finché non verrà presa una decisione sul “Protocollo dell’Irlanda del Nord”, accordo di scambio tra Gran Bretagna e Unione europea post Brexit concernente la zona nordirlandese, che il Dup sostiene essere una minaccia alla salvaguardia dei confini regionali e, di conseguenza, alla permanenza stessa della regione nel Regno Unito. Lo stallo ha dato i suoi frutti portando il ministro degli Esteri britannico ad annunciare di voler «stracciare l’accordo», una mossa che ha scatenato le reazioni dell’Unione europea e che apre le porte a un nuovo scontro nell’era post Brexit. Pesanti difficoltà che al momento contribuiscono ad allontanare qualsiasi ipotesi di referendum. La strada è ancora lunga di Antonio Pellegrino

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