Israele e Hamas senza tregua
L’attacco di Hamas del 7 ottobre, la reazione di Israele, la tregua fragile ora violata: aldilà della cronaca è bene valutare però anche politica e diplomazia
| Esteri
Israele e Hamas senza tregua
L’attacco di Hamas del 7 ottobre, la reazione di Israele, la tregua fragile ora violata: aldilà della cronaca è bene valutare però anche politica e diplomazia
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L’attacco di Hamas del 7 ottobre, la reazione di Israele, la tregua fragile ora violata: aldilà della cronaca è bene valutare però anche politica e diplomazia
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L’attacco di Hamas del 7 ottobre, la reazione di Israele, la tregua fragile ora violata: aldilà della cronaca è bene valutare però anche politica e diplomazia
L’attacco di Hamas del 7 ottobre scorso, la reazione di Israele, i bombardamenti su Gaza, la tregua fragile, ora violata dopo un nuovo attentato di Hamas a Gerusalemme che ha portato a un’altra reazione israeliana. Per rendersi conto di quanto sia fragile la situazione, con il rischio di un allargamento del conflitto a tutto il Medio Oriente, basta mettere in fila la cronaca di queste settimane di guerra. Fuori della cronaca, però, ci sono la politica e la diplomazia. Ed è da queste che si deve partire nel darsi da fare per evitare il peggio.
Un primo aspetto riguarda l’attacco di Hamas del 7 ottobre. Anche se al governo in Israele ci fosse stato un laburista siamo certi che la reazione sarebbe stata la stessa (o comunque simile) che ha avuto l’attuale primo ministro Benjamin Netanyahu. Troppo violento e sanguinario è stato l’attacco di Hamas per aspettare l’Onu o gli alleati occidentali prima di mettere in campo una risposta adeguata. La questione cambia, invece, rispetto alla tregua che pare andata in fumo (per ora).
Perché Netanyahu non sembra l’uomo più adatto per gestire una tregua, così come non lo sono – e questo complica e di molto il quadro – i capi di Hamas. Non vale infatti, nella visione del primo ministro israeliano, la possibilità che il provvisorio – e la tregua a tempo era appunto cominciata come tale – possa diventare definitivo, ovvero l’occasione iniziale per innescare le diplomazie con l’obbiettivo di arrivare poi a una pace duratura.
Era questa, leggendo bene anche i minimi dettagli, la linea adottata dal presidente americano Joe Biden. Dopo essersi speso affinché la reazione di Israele dopo l’attacco subìto non si trasformasse in una vendetta verso tutti i palestinesi, Biden ha lavorato affinché la tregua a tempo – raggiunta a fatica e con pazienti sforzi diplomatici – si allungasse nella sua durata. Con piccole proroghe magari, utili però a non far ripartire la voce delle armi. Adesso, dopo l’attentato di Hamas a Gerusalemme e la reazione israeliana con i bombardamenti nella Striscia di Gaza, quel sottile pertugio che puntava al dilatarsi della tregua pare ostruito.
Ripartire dalla stessa strategia sarebbe francamente irrealistico. Serviranno dunque nuovi sforzi diplomatici di Washington (e ci auguriamo anche un’Unione europea più presente) per far sì che il conflitto non si allarghi. E toccherà farlo con gli interlocutori in campo, perché la realtà non si cambia: si affronta.
di Massimiliano Lenzi
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