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Kasparov lo scacchista oppositore di Putin

L’accusa è di sedizione e terrorismo. Con tanto di mandato d’arresto, la settimana scorsa, da parte del Tribunale cittadino di Syktyvkar: Garri Kimovic Kasparov

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Kasparov lo scacchista oppositore di Putin

L’accusa è di sedizione e terrorismo. Con tanto di mandato d’arresto, la settimana scorsa, da parte del Tribunale cittadino di Syktyvkar: Garri Kimovic Kasparov

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Kasparov lo scacchista oppositore di Putin

L’accusa è di sedizione e terrorismo. Con tanto di mandato d’arresto, la settimana scorsa, da parte del Tribunale cittadino di Syktyvkar: Garri Kimovic Kasparov

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L’accusa è di sedizione e terrorismo. Con tanto di mandato d’arresto, la settimana scorsa, da parte del Tribunale cittadino di Syktyvkar: Garri Kimovic Kasparov

L’accusa è di sedizione e terrorismo. Con tanto di mandato d’arresto, la settimana scorsa, da parte del Tribunale cittadino di Syktyvkar: Garri Kimovic Kasparov, un tempo fiore all’occhiello di tutte le Russie, è sempre più un nemico giurato del Cremlino. Non da oggi, certo, ma dopo oltre vent’anni di attivismo contro il regime. Il salto di specie da oppositore politico a «estremista fuorilegge» – così recita la lista nera di Rosfinmonitoring, l’agenzia federale di Mosca per la vigilanza finanziaria – è comunque un notevole aggiornamento. «L’arresto in absentia è senz’altro il migliore che mi sia mai capitato» ha twittato sornione il diretto interessato. «Sono onorato che il governo del terrore di Putin spenda per me il tempo che altrimenti impiegherebbe per ammazzare e perseguitare». Ennesimo scacco allo zar. A distanza di sicurezza, da New York, dove l’esule Kasparov risiede da un decennio. A volte quasi ci si dimentica che è fra i più grandi scacchisti di tutti i tempi. E per uno spicchio di secolo fu il numero uno indiscusso.

Affascinava già ai tempi della cortina di ferro, il giovane Garri. Prodigio del gioco, esempio demografico dell’Unione Sovietica in senso stretto: nato nel 1963 nella Repubblica azera, da padre ebreo e madre armena. Nel 1985 diventa il più precoce campione del mondo di sempre. La sua rivalità con Anatoly Karpov, allora vanto scacchistico dell’apparatchik, sortirà sulle caselle bianche e nere lo stesso effetto della perestrojka nella geopolitica. Kasparov si dimostra infatti un fuoriclasse spregiudicato, iscritto sì al Pcus fino al 1990 ma de facto indipendente e poco incline ai piedistalli del bolscevismo. Per il suo sguardo profondo e intimidatorio durante le partite, viene soprannominato ‘l’Orco di Baku’. E caduta l’Urss, con questa effigie sarà fra i principali sponsor di Boris Eltsin: il grande abbaglio della fragile Russia prima dell’ascesa di Putin.

Vladimir diventa presidente nel 2000. Garri perde il titolo mondiale nello stesso anno. Da allora convoglierà tutte le sue forze contro la deriva autoritaria di Mosca. Non bada ad alleati: nel 2006 è tra i fondatori de L’Altra Russia insieme a Eduard Limonov, il torbido e romanzesco personaggio che Emmanuel Carrère avrebbe reso bestseller. Il problema dell’anti-putinismo, riconosce lo stesso Kasparov, è che non vi è altro sentimento a unire i suoi sfaccettati militanti. L’anno seguente viene arrestato due volte, scontando 5 giorni di carcere per manifestazione non autorizzata. Si candida alle elezioni del 2008 contro Dmitrij Medvedev. Ma il Cremlino gli fa terra bruciata: dopo pochi mesi è costretto a rinunciare. Nel 2012 l’ennesimo controverso arresto, in cui lo scacchista accusa di percosse la polizia. È l’ultima goccia: di lì a poco si rifugia a Manhattan e ottiene la cittadinanza croata. In Russia non tornerà più.

Eppure Kasparov continua a martellare. Scrive libri: risale già al 2014 “Scacco matto a Putin”. Fonda un’organizzazione per la difesa del libero pensiero: Renew Democracy Initiative, con sede negli Stati Uniti. Rimpiange Reagan, ripudia Trump: «Un fantoccio del Cremlino». E quando Mosca invade l’Ucraina, definisce Zelensky «il più grande eroe dei nostri tempi». Una vena di malinconia nelle dichiarazioni recenti: «Soltanto una sconfitta militare potrà portare alla democratizzazione della Russia. Ma all’Europa manca un nuovo Churchill, al mio Paese un nuovo De Gaulle». Il principale rimpianto di Garri è che l’orco non s’è mai fatto generale. Ma terrorista, quel honneur.

di Francesco Gottardi

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