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L’Ucraina e il voltafaccia americano

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“Ci paga la Nato”, Trump esordiva così pochi giorni fa in una conferenza stampa, vantandosi pubblicamente del fatto che gli Usa non spendano più per gli aiuti all’Ucraina

L’Ucraina e il voltafaccia americano

“Ci paga la Nato”, Trump esordiva così pochi giorni fa in una conferenza stampa, vantandosi pubblicamente del fatto che gli Usa non spendano più per gli aiuti all’Ucraina

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L’Ucraina e il voltafaccia americano

“Ci paga la Nato”, Trump esordiva così pochi giorni fa in una conferenza stampa, vantandosi pubblicamente del fatto che gli Usa non spendano più per gli aiuti all’Ucraina

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Chernivtsi – Trascorso oltre un mese ininterrottamente nel Donbas, dove abbiamo documentato il più grande problema che affligge l’esercito ucraino – la mancanza d’armi, mezzi e munizioni – ci siamo spostati per qualche giorno nelle regioni occidentali dell’Ucraina. All’ingresso a Chernivtsi ci siamo trovati davanti uomini della 107ª Brigata di difesa territoriale e della 94ª e 95ª che – con le bandiere gialloblu e rossonere sulle spalle e uno scatolone di plastica trasparente legato al collo – chiedevano l’obolo in mezzo alla strada per acquistare veicoli ed equipaggiamento di base da impiegare a Donetsk. Una scena straziante per noi che avevamo ancora addosso e sull’auto il fango del Donbas in cui per oltre un mese avevamo arrancato coi ragazzi di quelle brigate.

Dopo lunghe conversazioni con loro e coi vertici del comando locale di stanza in Bukovyna, abbiamo avuto conferma definitiva delle impressioni maturate sul campo, inclusa una circostanza non irrilevante che finora avevamo evitato di riportare per non generare allarmismo: all’atavica carenza d’artiglieria, fuoco di controbatteria, parti di ricambio e armi pesanti – settore in cui la superiorità russa è schiacciante – s’è aggiunta l’interruzione senza preavviso di diversi tipi d’armamenti statunitensi.

Gli Usa non spendono più per gli aiuti all’Ucraina, Trump si vanta pubblicamente

Senza entrare nel dettaglio di quali armi si tratti, per non agevolare i russi, è doveroso riferire che ciò non è dovuto a fattori logistici contingenti ma a scelte politiche mirate a influenzare il corso della guerra. L’ha confermato poche ore fa il comandante delle Forze armate tedesche Christian Freuding, rivelando che l’amministrazione Trump non ha neppure avvisato Berlino del blocco alle forniture. Freuding ha inoltre riferito che il canale diretto col Pentagono attraverso cui anch’egli poteva scambiare intensamente messaggi è stato chiuso. «Ci paga la Nato». In quelle stesse ore Donald Trump esordiva così in una conferenza stampa, vantandosi pubblicamente del fatto che gli Usa non spendono più per gli aiuti all’Ucraina. «Gli alleati pagano per intero il prezzo pieno per tutto. Ci pagano e poi distribuiscono quanto gli mandiamo. Non ci derubano più come con Biden».

Riferendosi così al Prioritized Ukraine Requirements List (Purl) – il programma in base al quale i Paesi Nato acquistano armi americane per l’Ucraina – il leader della Casa Bianca ha implicitamente confermato come tale meccanismo dipenda tuttavia dagli umori di Washington. Che è libera di fare le regole, dettare i tempi, stabilire i prezzi e applicare caveat.

Al Purl si sono unite 21 nazioni per un importo totale che ammonta oggi a oltre 4 miliardi di dollari

Come ha ricordato il ministro degli Esteri dell’Ucraina Andrij Sybiha, al Purl si sono unite 21 nazioni per un importo totale che ammonta oggi a oltre 4 miliardi di dollari. Il segretario generale della Nato Mark Rutte ha inoltre ricordato che anche Australia e Nuova Zelanda (che non fanno parte dell’Alleanza Atlantica) si sono impegnate a farsi carico di costi per le armi all’Ucraina affinché il loro flusso sia stabile. Come abbiamo verificato noi stessi dal campo, ciò in realtà non avviene perché il flusso d’armi americane pagate coi fondi del Purl è tutt’altro che stabile.

Per oltre un mese abbiamo percorso tutte le prime linee dei fronti più caldi di Zaporizhzhia, Dnipropetrovsk, Kharkiv e Donetsk incontrando gli uomini di decine di brigate: tutti pronti a combattere ma senza le armi per farlo. Notti insonni e ore drammatiche vissute in cunicoli tanto stretti da non poter stare in piedi. Viaggi interminabili a bordo di vecchie Lada carrozzate con reti metalliche anti drone. Soste d’emergenza tali da mettere a dura prova anche il miglior tecnico militare.

All’Ucraina mancano munizioni, armi e mezzi per combattere

In tutto quel tempo, che rientra in una timeline d’almeno 4 anni in cui abbiamo quotidianamente stilato dispacci dal campo, abbiamo documentato una verità semplice: all’Ucraina mancano munizioni, armi e mezzi per combattere. Non uomini, né valore. Per risolvere quest’enorme problema non serve aggiungere altro materiale umano disarmato (mobilitando la fascia 18-24 anni a cui il governo ha invece consentito l’espatrio) ma partner affidabili che rendano quel flusso d’armi stabile e sicuro.

La Federazione Russa può contare su alleati fedeli che in base al patto d’acciaio fra regimi contro l’Occidente continuano a sostenerla in ogni ambito: milionate di colpi d’artiglieria, migliaia di mortai e soldati, centinaia di missili, decine di cannoni dalla Corea del Nord; sistemi dual-use, droni, equipaggiamento e sostegno finanziario dalla Cina; campagne di reclutamento condotte in oltre 40 Paesi e – purtroppo – un flusso di denaro costante proveniente non solo dall’India ma anche dall’Unione Europea.

Il 30 settembre 2027

Quest’ultima dopo quasi 12 anni di guerra ha annunciato mercoledì d’aver raggiunto un accordo sulle regole per la sospensione graduale dell’importazione di gas russo: terminerà il 30 settembre 2027. Un’eternità in cui Mosca continuerà a poter contare sul sostegno anche europeo per produrre quei missili di cui l’Ucraina non dispone e che gli altri garanti dell’accordo stipulato a Budapest il 5 dicembre 1994 non le danno. Il resto arriva col contagocce, con insulsi divieti e fermi senza preavviso. L’idea del Purl sarebbe buona, se nello studio ovale della Casa Bianca sedesse chi sta dalla parte giusta della Storia. Purtroppo a Washington siede invece un uomo che nelle scorse ore ha persino chiesto all’Ue di sospendere il credito riparativo all’Ucraina finanziato con gl’interessi derivanti dagli asset russi congelati.

Trent’anni esatti fa Kyiv cedette il terzo arsenale nucleare al mondo in cambio della promessa che la sua indipendenza e integrità sarebbero state difese. Quel che ha ricevuto in cambio è nelle mani tese dei ragazzi che abbiamo incontrato.

di Alla Perdei e Giorgio Provinciali

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