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La crisi del modello americano, parla Pastori dell’Ispi

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“L’incriminazione di Trump è solo il primo passo di una lunga fase calda per l’America”: parla Gianluca Pastori dell’Ispi

La crisi del modello americano, parla Pastori dell’Ispi

“L’incriminazione di Trump è solo il primo passo di una lunga fase calda per l’America”: parla Gianluca Pastori dell’Ispi
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La crisi del modello americano, parla Pastori dell’Ispi

“L’incriminazione di Trump è solo il primo passo di una lunga fase calda per l’America”: parla Gianluca Pastori dell’Ispi
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Un processo mediatico a braccetto con una campagna elettorale a forte rischio polarizzazione, basata solo sulla reciproca delegittimazione. Una potenziale miscela esplosiva che metterebbe in pericolo il ruolo degli Stati Uniti come perno della democrazia. «L’incriminazione di Donald Trump è solo il primo passo di una lunga fase calda per l’America» ci spiega Gianluca Pastori, docente associato all’Università Cattolica di Milano e collaboratore dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (Ispi), dove insegna nei Master in Diplomacy e in International Corporation. «Si andrà incontro a un processo mediatizzato ed è un problema assai grave perché l’ex presidente americano potrebbe anche candidarsi alla Casa Bianca e perfino eventualmente servire il Paese da condannato. Il caso è così raro che la giurisprudenza americana ne sta dibattendo in questi giorni, non c’è mai stato un presidente incriminato per reati penali e in corsa per l’elezione». Il professor Pastori ripercorre la strategia di Trump di passare come un perseguitato politico: nelle ultime ore il tycoon ha dato mandato al suo staff di spedire via mail ai suoi potenziali elettori la richiesta di partecipare con 47 dollari alla raccolta fondi per la candidatura alla Casa Bianca, promuovendo una maglietta con una falsa foto segnaletica dell’ex presidente. «Trump non ha alcuna intenzione di ritirarsi dalla corsa e può contare su uno zoccolo duro che davvero crede alla narrazione cospirativa sui democratici che vogliono falsare l’esito elettorale» prosegue Pastori. Inoltre l’incriminazione di Trump e la lunga fase processuale, con l’ex presidente che dovrebbe essere incriminato anche in Georgia (con l’accusa di aver provato ad alterare l’esito elettorale) e a Washington (per il suo ruolo nei Capitol Riots), sarebbero una spina nel fianco per l’ala repubblicana: «Da Mike Pence a Ron De Santis, i vertici Rep hanno fatto quadrato intorno a Trump, ma sono tutti consapevoli che l’ex presidente è un elemento negativo piuttosto che un asset per le elezioni del prossimo anno» riflette Pastori. «Se si verificassero violenze da parte dei sostenitori di Trump nei prossimi mesi allora potrebbero smarcarsi. Oppure un’altra strada sarà quella di minimizzare la dimensione mediatica del processo, così da avere più spazio di manovra». Il docente della Cattolica ritiene invece che la candidatura di Trump a capo del Gop a processo penale in corso sarebbe una benedizione per i democrat: «Se Biden si candidasse, e non è ancora certo, Trump sarebbe un avversario noto, già battuto, con una serie di debolezze personali. Un bersaglio più facile da colpire. Piuttosto è la dimensione internazionale degli Stati Uniti che rischia la crisi» nota Pastori. «Con Trump alla Casa Bianca nulla sarebbe certo, potrebbero essere rovesciate posizioni, per esempio sulla guerra in Ucraina, su cui contano gli alleati degli americani. Andrebbe in crisi il modello americano di democrazia liberale». di Nicola Sellitti

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