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La famiglia Figurin distrutta nel massacro di Crocus

La famiglia di Nikolai Figurin è stata distrutta nel massacro di Crocus: al concerto per una serata piacevole trasformatasi in un inferno di proiettili

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La famiglia Figurin distrutta nel massacro di Crocus

La famiglia di Nikolai Figurin è stata distrutta nel massacro di Crocus: al concerto per una serata piacevole trasformatasi in un inferno di proiettili

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La famiglia Figurin distrutta nel massacro di Crocus

La famiglia di Nikolai Figurin è stata distrutta nel massacro di Crocus: al concerto per una serata piacevole trasformatasi in un inferno di proiettili

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La famiglia di Nikolai Figurin è stata distrutta nel massacro di Crocus: al concerto per una serata piacevole trasformatasi in un inferno di proiettili

Nikolai Figurin è un russo che nell’attentato al palazzo comunale dei convegni di Crocus, sobborgo a Nord-Ovest di Mosca, ha perso la sua famiglia. I terroristi islamisti affiliati all’Iskp-Eo (la divisione per le Operazioni estere dello Stato islamico della provincia del Khorasan) hanno infatti ucciso suo fratello Igor e la cognata Anna.

Secondo quanto ha raccontato alla giornalista Liliya Yapparova di Meduza – una testata russa dichiarata agente straniero e indesiderato dal regime del Cremlino –  Anna e Igor si erano recati a Crocus con la figlia sedicenne Zlata perché i parenti di Anna erano giunti da Orenburg in visita. Il concerto dei “Piknik” era sembrato loro un buon modo per spendere il venerdì sera a Mosca.

Quando un commando di quattro suprematisti islamici si è presentato lì qualche minuto dopo le 20, la serata si è invece trasformata in un inferno di fuoco e proiettili. Un massacro a cui le forze di sicurezza russe hanno reagito con ben un’ora di ritardo, giacché sono abituate da tempo a reprimere soltanto manifestanti disarmati mentre ogni soldo per gli addestramenti è speso al fronte ucraino. Se i corpi di Igor e Anna sono stati identificati e i parenti venuti dall’Oriente russo si sono salvati, il destino della giovane Zlata è ancora un mistero. Lo zio Nikolai oscilla tra fatalismo e realismo, già rassegnato al fatto che non la rivedrà viva.

«Era una ragazza brillante» ricorda «lodata da tutti. Quando sono ritornato dal mio servizio volontario nella Operazione militare speciale (come i russi chiamano la guerra che hanno scatenato contro l’Ucraina, ndr.) mi ha detto che sarebbe diventata una dottoressa per curarmi». D’altronde anche gli invasori hanno dei nipoti e se li pungi sanguinano, parafrasando Shylock. «Dopo l’Operazione lo Stato non ha risolto i miei problemi, seri come quelli di tanti altri veterani. Per questo Zlata voleva aiutarmi».

Il dettaglio della partenza come volontario per la guerra non deve far pensare che i Figurin siano dei russi eccezionali, o quant’altro. La famiglia era originaria di Pokrov, 80 chilometri a Est della Capitale russa. Suo fratello Igor era riuscito a farsi trasferire a Mosca sgobbando più dei suoi colleghi, tanto che l’azienda aveva fornito un appartamento per la sua famiglia in modo che non dovesse più fare il pendolare. Marito laborioso, moglie affettuosa, figlia brillante, fratello volontario in guerra: un focolare domestico esemplare per la propaganda di Vladimir Putin, e inevitabilmente vittima di questo stesso sistema. Fino a venerdì il problema più grosso erano gli acciacchi di reduce di Nikolai, ma adesso un intero nucleo familiare è stato annientato.

Perché a forza di concentrarsi su nemici immaginari, si ignorano quelli veri. Nonostante le tensioni della Russia con l’Occidente, per l’Iskp siamo infatti tutti dei “crociati” da abbattere indistintamente. Tuttavia l’avviso degli Stati Uniti di un possibile attentato era stato definito da Putin stesso un «tentativo di seminare panico», preso come un modo per distrarre i russi dalla guerra. Invece lo Stato Islamico ha Mosca nel mirino sin da quando gli Usa hanno abbandonato l’Afghanistan: nonostante le sconfitte sul campo, il gruppo ultraradicale è una spina nel fianco per i talebani al governo e raccoglie molti membri tra i musulmani tagiki. L’Iskp sogna di far ritirare l’esercito russo dalla Siria e persino dai territori russi a maggioranza musulmani (Cecenia e Daghestan nel Caucaso, ma anche Tatarstan e Baschiria), e questo è bastato a innescare il massacro di Crocus. 

«Noi, intendo la Russia, abbiamo perso. Stiamo lottando contro il calo delle nascite, per ricostruire le nostre famiglie e poi accade questo. Vorrei che Dio avesse preso me e non la famiglia di mio fratello» è la considerazione finale di Figurin. Incapace di provare la stessa compassione per gli ucraini, adesso però comprende bene il terrore che una guerra non dichiarata può scatenare su un popolo.

di Camillo Bosco

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