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La Germania e il cancelliere Friedrich Merz

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Manca il senso del pericolo. Dopo polemiche e franchi tiratori, la Germania ha comunque il suo cancelliere Friedrich Merz

Friedrich Merz

La Germania e il cancelliere Friedrich Merz

Manca il senso del pericolo. Dopo polemiche e franchi tiratori, la Germania ha comunque il suo cancelliere Friedrich Merz

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La Germania e il cancelliere Friedrich Merz

Manca il senso del pericolo. Dopo polemiche e franchi tiratori, la Germania ha comunque il suo cancelliere Friedrich Merz

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Manca il senso del pericolo. La Germania ha comunque il suo cancelliere Friedrich Merz. Espressione delle forze politiche che hanno (assieme) raccolto la vasta maggioranza dei voti e frutto dell’accordo già stipulato da settimane. Se così non fosse stato avremmo dovuto registrare l’autoaffondamento delle forze di maggioranza. La Costituzione tedesca prevede che al terzo scrutinio venga eletto cancelliere federale il candidato che prende più voti, anche senza la maggioranza assoluta. Ma averla fatta mancare al primo scrutinio è stato un duro colpo, solo parzialmente compensato dalla maggioranza assoluta al secondo. Quanto capitato ci dice che è mancato il senso del pericolo. E che il governo inizia la sua navigazione con uno scafo meno solido del previsto. Il che riguarda tutte le democrazie europee.

Le democrazie non rinunciano alla loro normale vita politica

È giusto e naturale che le democrazie non rinuncino alla loro normale vita politica. Fatta anche di negoziati, compromessi, manovre parlamentari e coltellate che arrivano dal segreto dell’urna. Questa non è la debolezza, ma la forza delle democrazie. I sistemi autocratici sembrano più solidi, ma cascano inesorabilmente nel disonore o nel sangue. Le democrazie sembrano caotiche. C’è sempre qualcuno pronto a criticare il “parlamentarismo”. Ma è quello il modo di governare società in cui il governo non è il padrone, assicurando la libertà che rende ricchi e migliori. Le democrazie sono nei guai – seri – non quando ci sono le manovre di corridoio. Ma quando dai corridoi si perde di vista quel che accade fuori.

La Germania è la più grande potenza economica europea, ma è anche entrata in una non incidentale recessione. Non si tratta di un guaio passeggero. Ma di un modello messo in crisi dalla mutata scena internazionale. E dall’essersi adagiato sulle esportazioni massicce senza troppo curarsi del mercato interno e senza troppo spendersi negli investimenti per l’innovazione. Una condizione che riguarda anche l’Italia, ma che nella più forte Germania ha colpito con maggiore potenza.

In questa condizione è inevitabile che si verifichino fenomeni di disaggregazione sociale. Che cresca il voto antisistema, che i disagi inducano a guardare al futuro con più timore che speranza, che una immigrazione ben gestita e produttivamente impiegata faccia sentire più i guasti che non i vantaggi. Fenomeni comuni a tutti gli europei.

Friedrich Merz e Alternative für Deutschland

E pare che qualcuno non abbia colto il senso della cagnara montata attorno al rapporto dei servizi di sicurezza e riguardante AfD. Una forza con cui nessun altro partito tedesco vuole avere a che fare. E che nessun partito europeo ha accettato nel proprio gruppo parlamentare. Per quanto è ripugnante il suo ricondursi o negare il peggiore passato. Il problema non è che la si metta fuori legge, che non accadrà. Non è neanche che quel rapporto sia stato voluto. Perché anzi è stato criticato dal governo (Scholz) stesso. Il problema è che il 20% dei consensi sono geograficamente concentrati nella ex Germania dell’Est. E che quella tardiva e improvvida decisione dei servizi è servita per attaccare la democrazia tedesca e tutte le democrazie europee.

Friedrich Merz e i franchi tiratori

Che 18 parlamentari della maggioranza siano divenuti franchi tiratori – magari per dissidi interni al partito del cancelliere – facendo quindi mancare di 6 voti l’elezione alla prima votazione, ci può anche stare in condizioni normali. Che 3 abbiano insistito alla seconda è, comunque, un brutto segno. Ma se è accaduto è perché non si è colto il pericolo che, in questo frangente, comporta.

L’assetto teutonico, produttivo e istituzionale, è considerato – non sempre a ragione – come simbolo di ordine e solidità. Quello produttivo è risucchiato dalla risacca di una globalizzazione che cambia, senza smettere d’essere onda. Quello istituzionale è stato infilzato da una normalità democratica che non ha tenuto conto dell’anormalità in cui noi europei (tutti) ci siamo venuti a trovare. Guerra alla frontiera compresa. Hanno rimediato, ma l’allarme si spera sia suonato per tutti e non venga dimenticato.

di Davide Giacalone

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