La lunga strada della pace tra Israele e Palestina. Le tappe dal 1993 a oggi: da Oslo a Sharm el-Sheikh
È una storia fatta di strette di mano, promesse e delusioni quella che segna il difficile cammino verso la pace tra israeliani e palestinesi. Dalla storica stretta di mano tra Rabin e Arafat del ’93 fino ai tentativi falliti degli anni Duemila. Ogni tappa dei negoziati ha acceso — e poi spesso spento — la speranza di una convivenza possibile. Sarà la volta buona?
La lunga strada della pace tra Israele e Palestina. Le tappe dal 1993 a oggi: da Oslo a Sharm el-Sheikh
È una storia fatta di strette di mano, promesse e delusioni quella che segna il difficile cammino verso la pace tra israeliani e palestinesi. Dalla storica stretta di mano tra Rabin e Arafat del ’93 fino ai tentativi falliti degli anni Duemila. Ogni tappa dei negoziati ha acceso — e poi spesso spento — la speranza di una convivenza possibile. Sarà la volta buona?
La lunga strada della pace tra Israele e Palestina. Le tappe dal 1993 a oggi: da Oslo a Sharm el-Sheikh
È una storia fatta di strette di mano, promesse e delusioni quella che segna il difficile cammino verso la pace tra israeliani e palestinesi. Dalla storica stretta di mano tra Rabin e Arafat del ’93 fino ai tentativi falliti degli anni Duemila. Ogni tappa dei negoziati ha acceso — e poi spesso spento — la speranza di una convivenza possibile. Sarà la volta buona?
Tanti tentativi, alcuni sì andati a buon fine, ma quella tra Palestina e Israele è sempre stata una tregua apparente. Ecco le tappe principali che hanno donato un po’ di pace a due popoli che di guerre non ne possono più.
1993 – Gli Accordi di Oslo I: la svolta storica
Il 13 settembre 1993, sul prato della Casa Bianca, il mondo assistette a un momento epocale. Con la mediazione del presidente statunitense Bill Clinton, Israele e l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) si riconobbero reciprocamente per la prima volta.
Gli Accordi di Oslo I gettarono le basi per l’autogoverno palestinese in alcune aree della Cisgiordania e di Gaza, promettendo un processo di pace graduale. Per molti, fu l’alba di una nuova era.
1995 – Il Memorandum di Hebron: primi passi indietro
Due anni dopo, il Memorandum di Hebron tentò di dare seguito agli impegni di Oslo. L’accordo prevedeva il ritiro parziale delle truppe israeliane dalla città di Hebron e nuove misure di sicurezza.
Rabin, Arafat e Clinton tornarono a parlarsi, ma l’assassinio di Yitzhak Rabin nel novembre dello stesso anno segnò un punto di non ritorno. Con la sua morte, anche la fiducia nel processo di pace cominciò a vacillare.
1997 – Il Memorandum di Wye River: un fragile equilibrio
Nel 1997, sotto la guida del premier israeliano Benjamin Netanyahu, le parti si incontrarono di nuovo, ancora con la mediazione di Clinton. Il Memorandum di Wye River prevedeva ulteriori ritiri israeliani in Cisgiordania e nuove garanzie di sicurezza.
Fu un accordo complesso, accolto con scetticismo da entrambe le parti e minato da tensioni interne ai rispettivi governi. L’applicazione, infatti, fu parziale e discontinua.
1999 – Gli Accordi di Sharm el-Sheikh: un ultimo rilancio
Con l’elezione di Ehud Barak, si tentò di rilanciare il processo. Gli Accordi di Sharm el-Sheikh, firmati con Arafat e sotto la supervisione del presidente egiziano Hosni Mubarak, miravano a riprendere il calendario fissato a Oslo e ad avviare i negoziati finali sullo status di Gerusalemme, i profughi e i confini.
Tuttavia, le divisioni interne e la sfiducia reciproca resero impossibile arrivare a un’intesa definitiva.

Dal 2000 in poi – Il crollo delle speranze
All’alba del nuovo millennio, il fallimento del vertice di Camp David e lo scoppio della Seconda Intifada segnarono la fine di un’epoca. Nonostante nuovi tentativi di mediazione, tra cui quelli dello stesso Barak e di Mubarak, la spirale di violenza e le divergenze politiche resero impossibile riprendere il dialogo.
2025 – Una pace per la quale si è mobilitato mezzo mondo
Procede il piano di pace tra Israele e Hamas. Il primo passo concreto è arrivato con la decisione – a seguito di una votazione che non ha trovato tutti i ministri favorevoli – di ritirare le truppe israeliane da Gaza. Un accordo arrivato sotto la supervisione del presidente degli Stati Uniti Donald Trump che non gli è valso il premio Nobel per la pace come in molti avevano rumoreggiato.
L’ultimo tassello sarà quello relativo al rilascio degli ostaggi, che dovrebbe avvenire tra domenica e lunedì. E’ un tavolo in divenire le cui gambe poggiano su un terreno fragilissimo. Basta poco perché possa saltare tutto da un momento all’altro vista l’imprevedibilità e la testardaggine di Benjamin Netanyahu – che di negoziati incredibilmente ne ha già firmati due – e la follia che governa le menti dei leader di Hamas. Il tutto sotto la conduzione del presidente USA che certo non brilla per capacità diplomatiche. Eppure nonostante tutto, la pace non è mai stata così vicina e si spera che, questa volta, sia davvero l’ultima di una lunga serie.
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