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La paura del fantasma Brexit

Nel giro di pochi mesi si è passati dalla negazione del fallimento di Brexit («Ne stiamo ottenendo incommensurabili benefici!») al silenzio tombale. Brexit è quella parola che non si può più pronunciare.
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La paura del fantasma Brexit

Nel giro di pochi mesi si è passati dalla negazione del fallimento di Brexit («Ne stiamo ottenendo incommensurabili benefici!») al silenzio tombale. Brexit è quella parola che non si può più pronunciare.
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La paura del fantasma Brexit

Nel giro di pochi mesi si è passati dalla negazione del fallimento di Brexit («Ne stiamo ottenendo incommensurabili benefici!») al silenzio tombale. Brexit è quella parola che non si può più pronunciare.
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Nel giro di pochi mesi si è passati dalla negazione del fallimento di Brexit («Ne stiamo ottenendo incommensurabili benefici!») al silenzio tombale. Brexit è quella parola che non si può più pronunciare.

Londra – In una famosa scenetta dei Monty Python, John Cleese si presenta a reclamare da Michael Palin (il commesso del negozio) perché gli ha venduto un pappagallo morto. Il commesso osserva il pappagallo e gli dice che sta solo riposando. Non importa che il cliente dimostri che il pappagallo è imbalsamato: il commesso pretende di averlo visto muoversi, finge di parlargli, discute del piumaggio e delle meraviglie della specie.

In Uk il pappagallo morto è Brexit, il cliente è il popolo britannico e l’intera classe politica e i media sono il commesso del negozio. Nel giro di pochi mesi si è passati dalla negazione del fallimento di Brexit («Ne stiamo ottenendo incommensurabili benefici!») al silenzio tombale. Brexit è quella parola che non si può più pronunciare. Se ne nega l’esistenza, perché se di una cosa non ne parli non esiste e se un problema non esiste non è un problema.

Come il commesso sterzava nell’osservare il piumaggio del defunto pappagallo, Liz Truss, la probabile erede di Johnson, elenca le infinite possibilità della deregolamentazione e c’è chi sostiene che dietro i suoi full-fat freeports (“porti liberi da grassi”) celi il progetto di trasformare l’Uk in conglomerati di “Charter Cities”, città privatizzate ovvero paradisi fiscali mirati ad assicurare il benessere collettivo ma anche città indipendenti dalla giurisdizione del governo, dove di fatto i diritti garantiti dalla democrazia sarebbero sospesi. Il pappagallo è morto, ma lei spiega come potrà volare.

Intanto Goldman Sachs prevede che l’inflazione della Gran Bretagna potrebbe raggiungere il 22% entro l’inizio del 2023. Ma l’altro contendente alla successione di Johnson, Rishi Sunak, dopo aver rinverdito il pappagallo con una pennellata cosmetica reitera il sogno di Truss preannunciando low-tax and low regulation zones perché “Charter Cities” è un altro termine che, nel gioco della mistificazione, è proibito pronunciare apertamente. Il pappagallo è stecchito, ma lui lo sente cantare.

Così l’attuale isolamento economico dell’Uk viene spazzato sotto il letto della crisi mondiale. Allora si sostiene che il rincaro dei beni alimentari sia causato dal rincaro dell’energia e non si accenna ai dazi e alle file apocalittiche a Dover, tutti fattori che già prima della crisi avevano contribuito alla crescita dell’inflazione. Se la sanità è al collasso è per via della crisi, non della fuga del personale Ue che ha portato il 95% delle strutture ospedaliere ad avere carenza di organici. Ma i britannici lo sanno. Secondo un sondaggio di YouGov, alla domanda se ritenessero che il Regno Unito avesse fatto un buon affare nel lasciare l’Unione europea, solo il 7% degli intervistati ha risposto positivamente. Ma mai dire Brexit.

Alcuni giorni fa, al festival tv di Edimburgo, l’ex presentatrice della “Bbc” Emily Maitlis ha lanciato un’accusa contro l’intenzionale occultamento sui fallimenti di Brexit, suggerendo che questo silenzio equivale a una «cospirazione contro il popolo britannico» e che i politici si stanno muovendo «in direzioni profondamente e chiaramente deleterie per un governo democratico».

di Alessandra Libutti

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