La ri-elezione farsa di Lukashenko
Alexander Lukashenko è stato rieletto per la settima volta consecutiva a capo del Paese. Governa dal 1994
La ri-elezione farsa di Lukashenko
Alexander Lukashenko è stato rieletto per la settima volta consecutiva a capo del Paese. Governa dal 1994
La ri-elezione farsa di Lukashenko
Alexander Lukashenko è stato rieletto per la settima volta consecutiva a capo del Paese. Governa dal 1994
Alexander Lukashenko è stato rieletto per la settima volta consecutiva a capo del Paese. Governa dal 1994
Mosca – L’agenzia di stampa ufficiale bielorussa “SB News” ha definito le elezioni presidenziali, tenutesi ieri a Minsk, le “più tranquille della storia del Paese”. Alexander Lukashenko è stato rieletto per la settima volta consecutiva a capo del Paese. “Batko” (“il Padre Padrone”), come lo chiamano i suoi sostenitori, governa il piccolo stato ex-sovietico con il pugno di ferro dal 1994. Grazie soprattutto al controllo sistematico dei cittadini attraverso l’onnipresente polizia segreta e il KGB. La Commissione elettorale lo ha dichiarato vincitore con l’86,8% dei voti. Agli altri 4 candidati che facevano da contorno al plebiscito sono andate solo le briciole. Dopo “Lukha” il più votato è stato il candidato comunista Andrey Syrankov, che ha raggranellato il 3,2%. Massiccia anche la partecipazione al voto, che ha superato l’85%.
Un’elezione-farsa, non riconosciuta dall’Unione Europea, la quale non si era “meritata” neppure di mandare nella capitale bielorussa i propri osservatori. La leader dell’opposizione democratica, Svetlana Tichanovskaya, vive da anni in esilio in Lituania. Ha affermato che «i bielorussi si meriterebbero di meglio”, ricordando “che la campagna elettorale si è svolta mentre migliaia di persone languono nelle carceri del regime solo per le loro idee. Mentre altre centinaia di migliaia hanno scelto la via dell’esilio». Vladimir Putin è stato il primo a congratularsi con Lukashenko per la sua rielezione. Seguito dopo alcune ore da Xi Jinping e dal presidente nordcoreano Kim Jong-un.
Il capo dello Stato russo ha affermato che «la convincente vittoria di Lukashenko alle elezioni dimostra chiaramente la sua alta autorità politica. Nonché l’indubbio sostegno della popolazione al corso statale seguito dalla Bielorussia». Putin ha osservato che i due Paesi sono riusciti di recente a fare molto per rafforzare i legami di amicizia tra Mosca e Minsk.
«E, naturalmente, continueremo a lavorare a stretto contatto per sviluppare ulteriormente la multiforme cooperazione russo-bielorussa. Migliorare l’efficacia delle istituzioni statali dell’Unione. E promuovere processi di integrazione reciprocamente vantaggiosi nello spazio eurasiatico», si legge ancora nel testo diffuso dal Cremlino.
Ci sarebbe da sorridere sulle manie di questi due dittatori, se la Bielorussia non fosse diventata dopo l’inizio dell’invasione dell’Ucraina una forza potenzialmente nucleare. Pronta a installare a pochi chilometri dalla frontiera polacca missili balistici russi. La Bielorussia, pur non avendo partecipato direttamente all’aggressione russa del 2022, ha garantito durante gli ultimi tre anni le basi logistiche e militari per la guerra del Cremlino.
Cinque anni fa nel Paese si tennero le ultime elezioni concorrenziali. In quell’occasione, di fronte alle proteste pacifiche di milioni di persone che durarono più di un mese per i brogli “sudamericani” di cui il potere si macchiò per mantenere al potere Lukashenko, morirono 10 manifestanti. Furono arrestate molte migliaia di persone. E si assistette nelle caserme a torture che ricordarono all’opinione pubblica il Cile del 1973.
E pochi giorni dopo, su un volo interno, Alexey Navalny, perdeva conoscenza a seguito di un avvelenamento…
Di Yurii Colombo
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