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L’abbordaggio e l’ideologia: il mondo bianco o nero di Flotilla

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Perché se sulla genuina sincerità di parte o buona parte di chi si è imbarcato non è lecito dubitare (sarebbe disonesto farlo), è altrettanto evidente che l’ideologia ha finito per prendere il sopravvento

L'abbordaggio

L’abbordaggio e l’ideologia: il mondo bianco o nero di Flotilla

Perché se sulla genuina sincerità di parte o buona parte di chi si è imbarcato non è lecito dubitare (sarebbe disonesto farlo), è altrettanto evidente che l’ideologia ha finito per prendere il sopravvento

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L’abbordaggio e l’ideologia: il mondo bianco o nero di Flotilla

Perché se sulla genuina sincerità di parte o buona parte di chi si è imbarcato non è lecito dubitare (sarebbe disonesto farlo), è altrettanto evidente che l’ideologia ha finito per prendere il sopravvento

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Anche dopo l’abbordaggio da parte della marina israeliana, l’alt imposto alla Flotilla a circa 80 miglia dalla costa della Striscia di Gaza e il trasferimento degli equipaggi a terra, non lisceremo il pelo a certa stampa e tanto meno a quella parte dell’opinione pubblica che nell’impresa ha visto l’affermazione di superiori principi etici, contrapposti alla politica (qualsiasi politica) o all’indifferenza degli “altri”. Tutti coloro, cioè, non d’accordo.

Perché se sulla genuina sincerità di parte o buona parte di chi si è imbarcato non è lecito dubitare (sarebbe disonesto farlo), è altrettanto evidente che l’ideologia ha finito per prendere il sopravvento. In modo esponenziale, oltretutto, man mano che ci si avvicinava alle coste della Striscia.

L’obiettivo era quello di dimostrare l’intenzione di Israele di affamare Gaza – con il corollario della retorica del “genocidio” – anche attraverso il blocco navale, che la Flotilla si proponeva di forzare.

Impossibile nella pratica, ma neppure necessario, perché in missioni di questo tipo conta (o conterebbe) il messaggio.

Il problema è l’ideologia di cui sopra che ha partorito l’artificio retorico: si parte dal presupposto granitico e indubitabile della responsabilità piena e assoluta di Israele, che qui nessuno ha mai mancato di sottolineare se parliamo della sproporzionata e intollerabile reazione che ha coinvolto i civili della Striscia di Gaza.
Diverso il ragionamento se si guarda l’insieme, come doveroso nell’analisi di un tragico evento ma pur sempre collegato a una storia lunga 100 anni.

In questo secondo caso, i vertici della Flotilla hanno dimenticato accuratamente ogni responsabilità di chi a Gaza detiene il potere da anni. Hamas.
Un potere esercitato nei modi più turpi, violenti e incivili che si possano immaginare, nei cui confronti troppi rappresentanti della Flotilla mostrano una sorprendente agilità nel voltare la faccia dall’altra parte.

Quando ti muovi in un contesto ideologico del genere, quando rifiuti l’idea stessa che qualsiasi trattativa sia degna di essere esplorata, perché vuoi e cerchi il muro contro muro con il “diavolo israeliano”, cosa resta anche dei più nobili intenti?

Stiamo parlando di una spedizione simbolica e in quanto tale, una volta raggiunto lo scopo attraverso la sovraesposizione mediatica di questi giorni, andare avanti e mettere a rischio la vita delle persone diventa una scelta tanto chiara quanto irresponsabile.

Basterebbe valutare come sia stato respinto l’appello del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Significa essere prigionieri dei propri preconcetti. Della propria idea di bene e male, secondo cui quest’ultimo non può che essere solo da una parte. Qualsiasi cosa accada e persino se sei prigioniero da due anni in un lurido tunnel, da qualche parte nella Striscia.

Un falso ideologico resta tale, anche se ammantato dai più nobili principi.

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