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Le mistificazioni del terrorismo

Le origini del movimento di giustificazionismo e distorsione della realtà che porta molti a giustificare il terrorismo di Hamas in nome della libertà palestinese
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Le origini del movimento di giustificazionismo e distorsione della realtà che porta molti a giustificare il terrorismo di Hamas in nome della libertà palestinese
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Le origini del movimento di giustificazionismo e distorsione della realtà che porta molti a giustificare il terrorismo di Hamas in nome della libertà palestinese
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Le origini del movimento di giustificazionismo e distorsione della realtà che porta molti a giustificare il terrorismo di Hamas in nome della libertà palestinese
Ha un denominatore comune il giustificazionismo che ha indotto gli studenti di Harward, l’ambiguo Erdoğan e persino – sebbene con sfumature diverse – il segretario generale dell’Onu Guterres a sostenere la tesi dell’oppressione del popolo palestinese all’origine dell’attacco terroristico di Hamas. La distorsione ha origine quando all’Onu si sostenne che l’accusa di terrorismo non può rivolgersi ai movimenti di liberazione palestinesi, anche se molti di questi nelle democrazie occidentali uccidevano civili, praticavano dirottamenti e stragi scambiando armi e supporto logistico con la Rote Armee Fraktion, l’Armata Rossa giapponese e le Brigate Rosse. Il 13 novembre 1974, all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, persino un leader equilibrato come il capo dell’Olp Yasser Arafat affrontò il nodo del terrorismo a suo modo: «Colui che lotta per una causa giusta, per ottenere la liberazione del suo Paese contro l’invasione e lo sfruttamento, come contro la colonizzazione, non può essere mai definito un terrorista». Anche nel Comitato ad hoc sul terrorismo costituito alle Nazioni Unite, i Paesi della Conferenza islamica sostennero che dalla nozione di terrorismo andavano escluse le azioni compiute dai combattenti per la libertà «in situazione di occupazione straniera»: era chiaro l’intento di coprire i movimenti palestinesi responsabili di stragi come quella degli atleti alle Olimpiadi di Monaco del 1972. Intanto in Italia i terroristi delle Br si autoassolvevano in nome della “liberazione del proletariato”. I tentativi di giustificare il terrorismo sono andati avanti nonostante nel 1994 la Risoluzione Onu 49/60, adottata per consensus dall’Assemblea generale, abbia sancito che non vi può essere alcuna giusta causa politica, religiosa o sociale che possa legittimare il ricorso ad atti di violenza indiscriminati rivolti contro istituzioni democratiche e popolazione civile. Anche nel diritto bellico è vietato attaccare forze militari con il solo scopo di praticare sofferenze superflue e incutere il terrore, mentre i movimenti di liberazione nazionali sono tenuti a osservare comunque le norme del diritto internazionale umanitario. Il principio è sancito all’articolo 3 comune alle Convenzioni di Ginevra, dove per tutti i tipi di conflitto la violenza è limitata da standard ‘minimi’: 1) le persone che non partecipano direttamente alle ostilità (cioè i civili, i militari feriti o catturati) devono essere trattate «in ogni circostanza con umanità», senza distinzioni di razza e di religione; 2) nei loro confronti sono vietate, in ogni tempo e luogo, le violenze contro la vita e l’integrità corporale, specie l’omicidio in tutte le sue forme, le mutilazioni, i trattamenti crudeli, le torture e i supplizi, la cattura di ostaggi, oltre che gli oltraggi alla dignità personale, i trattamenti umilianti e degradanti. Hamas ha compiuto un massacro riprovevole e tiene ancora in ostaggio oltre 220 vittime fra cui figurano anziani, donne e bambini, ma i suoi strateghi tentano di disseminare bias cognitivi che mascherino anche questo orrore. C’è una strada da percorrere: i capi di Hamas vanno perseguiti senza caveat dalla Corte penale internazionale e se i palestinesi vogliono davvero costruire un futuro di libertà e dignità dovranno essi stessi consegnarli alla giustizia e liberare gli ostaggi. di Maurizio Delli Santi – Membro dell’International Law Association  

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