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Le sfide della Nato

Il fronte Nord della Nato, storicamente stretto tra i ghiacci artici, rischia di scaldarsi come mai avvenuto prima

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Il fronte Nord della Nato, storicamente stretto tra i ghiacci artici, rischia di scaldarsi come mai avvenuto prima

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Il fronte Nord della Nato, storicamente stretto tra i ghiacci artici, rischia di scaldarsi come mai avvenuto prima

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Il fronte Nord della Nato, storicamente stretto tra i ghiacci artici, rischia di scaldarsi come mai avvenuto prima

Il fronte Nord della Nato, storicamente stretto tra i ghiacci artici, rischia di scaldarsi come mai avvenuto prima. Ad accenderlo sono le parole gelide del presidente russo Vladimir Putin, in un’intervista di martedì scorso: «Schiereremo truppe e armi al confine con la Finlandia». Nella mente dello zar è questa la prima ritorsione contro Helsinki e Stoccolma, recentemente entrate a far parte dell’Alleanza Atlantica dopo settant’anni di neutralità. L’adesione dei due Stati scandinavi ha raddoppiato la frontiera fra Nato e Russia, aprendo la strada a un’ipotetica presenza occidentale in aree storicamente non presidiate. Le affermazioni di Putin non sono dunque prive di senso: così come è zeppo di armi e di uomini il confine con le repubbliche baltiche, allo stesso modo dovrà diventarlo quello con Finlandia e Svezia. Più che a una minaccia, siamo quindi davanti a una presa d’atto di un cambiamento ormai avvenuto.

La vera minaccia arriva invece da più a Sud, non dalla Russia in sé. Dopo mesi di preoccupazione, una nuova goccia cade nel vaso chiamato Transnistria, la regione separatista situata al confine tra Moldova e Ucraina. Autoproclamatasi indipendente nel 1990, questa stretta area a Est del fiume Dnestr è una polveriera pronta a scoppiare. In questi giorni, vista la presenza di oltre 200mila cittadini russi nella regione, il Cremlino ha annunciato l’apertura di sei seggi elettorali per le elezioni presidenziali. Facendo infuriare le autorità moldave di Chisinau, da tempo preoccupate per un’eventuale annessione della Transnistria alla Russia.

Mosca ha sempre mantenuto una presenza militare nell’autoproclamata repubblica separatista, dove a oggi è presente un contingente di circa 1.300 soldati. Inoltre a Cobasna c’è il più grande deposito di munizioni dell’Europa orientale, anche questo di proprietà russa. Inutile negarlo, la posizione è strategica: un avamposto di Mosca confinante con la nemica Ucraina, su un versante lontano dal fronte attivo e abbastanza sguarnito. Certo, le forze presenti non sono sufficienti per alcun tipo di operazione militare. Servono più che altro a tenere alta la tensione, soprattutto considerando che la Moldova chiede da tempo di entrare nell’Unione europea e nella Nato proprio per difendersi dalle ambizioni russe: finché la Transnistria sarà presidiata da Mosca avrà legittimità. E finché avrà legittimità non accetterà di cedere alle autorità di Chisinau. In questo modo la Moldova non rispetterà i parametri di ingresso in Europa e nell’Alleanza Atlantica. È questa la vera mina vagante di Putin. E, come tutte le mine efficaci, è difficile accorgersi della sua presenza.

di Umberto Cascone

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