L’Europa a Granada
Il Consiglio europeo formale a Granada è un incontro senza obbligo di decisione finale. Ma quali sono le premesse? Capiamole insieme
| Esteri
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Il Consiglio europeo formale a Granada è un incontro senza obbligo di decisione finale. Ma quali sono le premesse? Capiamole insieme
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Il Consiglio europeo formale a Granada è un incontro senza obbligo di decisione finale. Ma quali sono le premesse? Capiamole insieme
Quello che si tiene a Granada, in Spagna, è un Consiglio europeo informale nel corso del quale i capi di Stato e di governo dei 27 Paesi che compongono l’Unione europea sono liberi di scambiarsi opinioni sui temi in agenda, senza il vincolo di una decisione finale. Capita spesso che l’informale sia più produttivo del formale. Vediamone le premesse, per immaginarne le promesse.
Il compromesso raggiunto sull’immigrazione è una buona premessa. Non tanto per il contenuto in sé, che non è poi granché innovativo, ma per la ragione che lo innesca e la decisione di procedere nonostante il voto contrario di Polonia e Ungheria. Quel che quell’accordo contiene, quel che a Granada sarà bene ribadire, è che la protezione dei confini e la scelta di chi fare entrare (non “se”, ma “chi”) sono interessi comuni a tutti i Paesi Ue, senza che uno possa difenderli se non in accordo con gli altri. Questo è il punto fondamentale. Questa la premessa per gli altri accordi necessari. E non è cosa di poco conto che a certificarlo sia, per l’Italia, il governo di destra, che rompe con gli alleati del passato e ne dismette i toni. È rilevante, insomma, che si siano accorti che gli interessi dell’Italia non sono quelli dei loro alleati politici europei.
Il resto è fuffa. Lo era la polemica sulle Ong (che non sono sparite dal compromesso, ma hanno traslocato fra le premesse) e lo era l’idea che qualcuno speculasse su altri. Trattasi di problema comune. Deludente il fatto che non si sia scelto di cedere sovranità a una responsabilità comune – ma nessuno lo ha veramente proposto, purtroppo – preferendo coartare la sovranità di ciascuno a degli obblighi (da qui i due voti contrari e l’astensione di Austria, Repubblica Ceca e Slovacchia). Identificazioni e trattamenti conserveranno tempi lunghi, gli standard d’accoglienza saranno occasione di polemiche, mentre gli obblighi scattano in caso di emergenze, laddove l’immigrazione è una permanenza che occuperà i prossimi lustri.
La più significativa novità è che la musica degli accordi prende il posto di quella dei dissidi. Non è poco e fa da premessa ad altri due problemi ineludibili. Entro meno di tre mesi si deve trovare un accordo per il Patto di stabilità. La proposta della Commissione (come già con l’immigrazione) è la più conveniente per l’Italia, comportando però un negoziato continuo sulle politiche di bilancio dei Paesi che violano sia il parametro del debito che quello del deficit. Noi per primi. I tedeschi propongono un meccanismo automatico di rientro. La cosa suggestiva è che i sovranisti dovrebbero tifare per la soluzione tedesca, ma se fai il sovrano di un Paese la cui sovranità è compromessa dal troppo debito tifi per la Commissione.
La presidenza spagnola propone un compromesso: schema della Commissione, quindi negoziato elastico, ma salvaguardia di un eventuale rientro automatico. Visti i numeri della Nadef, vista la crescita prevedibile inferiore a quella prevista, significherebbe essere sicuri di dovere tirare il freno nel mentre si rallenta. Non è saggio. Allora ci si dovrà accorgere che fra gli alleati di cui si dispone ci sono la Commissione e il suo componente italiano – avverso il quale si spesero parole più sciocche che cattive – e c’è la Francia. Sarà bene tenerne conto.
L’altro tema, non rinviabile, è la difesa comune. Non è rinviabile perché quel che ciascuno ha dato all’Ucraina dev’essere rimpiazzato e farlo nella logica puramente nazionale significa spendere di più per ottenere di meno. Anche se scorpori quei soldi dal computo dei parametri non per questo sarebbe un buon affare. A parte la questione più importante: non esiste sovranità senza capacità di difenderla e non esiste sovranità nazionale che possa prescindere da quella europea.
E questi, per finire, dovrebbero essere i veri temi della campagna per le elezioni europee. Un po’ come nella musica: un accordo non è una melodia; accordi stonati sono cacofonia; accordi in sequenza e in armonia sono il segno di uno spartito che promette bene.
di Davide Giacalone
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