L’impotenza di Putin in Siria
Come la metteranno ora gli adoratori europei di Vladimir Putin, dopo l’ingloriosa e patetica fine del regime di Bashar al-Assad in Siria?
L’impotenza di Putin in Siria
Come la metteranno ora gli adoratori europei di Vladimir Putin, dopo l’ingloriosa e patetica fine del regime di Bashar al-Assad in Siria?
L’impotenza di Putin in Siria
Come la metteranno ora gli adoratori europei di Vladimir Putin, dopo l’ingloriosa e patetica fine del regime di Bashar al-Assad in Siria?
Come la metteranno ora gli adoratori europei di Vladimir Putin, dopo l’ingloriosa e patetica fine del regime di Bashar al-Assad in Siria?
Come la metteranno ora gli adoratori europei di Vladimir Putin, dopo l’ingloriosa e patetica fine del regime di Bashar al-Assad in Siria? Come potranno giustificare la totale incapacità russa di prevenire il disfacimento del regime sanguinario siriano, su cui lo zar aveva costruito la sua sfera di influenza in Medioriente per poi allungare la presenza diretta e indiretta di Mosca sino all’Africa?
Dov’è l’imbattibilità, l’insuperata forza del grande regime russo, che non è riuscito a difendere il suo vassallo neppure da un’accozzaglia non ben definita di oppositori? È una domanda stuzzicante cosa si inventeranno adesso gli antioccidentali in servizio permanente effettivo, considerata la colossale manifestazione di impotenza di russi e iraniani in un Paese caduto in meno di una settimana e lasciato scivolare nel caos più assoluto.
I volenterosi scherani europei del dittatore del Cremlino faranno finta di non vedere ancora una volta la realtà: la Russia non ha letteralmente gli uomini, i mezzi, la capacità e l’influenza politica per salvare il burattino Assad – non più degli iraniani presi ripetutamente a schiaffi dagli israeliani – mentre sono impegnati in uno sforzo totale in Ucraina.
Quel Paese che avrebbero dovuto piegare in tre giorni e che dopo tre anni continua a resistere. Grazie al sostegno militare ed economico e politico dell’Occidente, ovvio, ma pagando con il proprio sangue e la propria terra il prezzo della resistenza.
Putin ha distrutto la sua economia, nonostante quello che raccontano interessati e bizzarri testimoni con il rublo ormai ridotto al Marco di Weimar, e si è completamente consegnato nelle mani della Cina riducendosi a stato satellite del Dragone.
Però piace, piace ancora e può ancora influenzare la nostra parte di mondo contando sugli agenti stile Orbàn o le quinte colonne profumatamente pagate in Romania, per fare un esempio di strettissima attualità.
Chi continua a preferire Putin a Washington e Bruxelles non cambierà certo idea perché Assad è in fuga non si sa bene dove, ma questo ennesimo fallimento funga almeno da monito in previsione delle inevitabili sciocchezze che continueremo ad ascoltare e sentire sulla “grande potenza russa”
di Fulvio Giuliani
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