L’India di Modi tra Usa e Cina
| Esteri
Nerendra Modi, primo ministro dell’India è nella top ten mondiale per numero di seguaci su Twitter, il suo cavallo di battaglia: la digitalizzazione del Paese.

L’India di Modi tra Usa e Cina
Nerendra Modi, primo ministro dell’India è nella top ten mondiale per numero di seguaci su Twitter, il suo cavallo di battaglia: la digitalizzazione del Paese.
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L’India di Modi tra Usa e Cina
Nerendra Modi, primo ministro dell’India è nella top ten mondiale per numero di seguaci su Twitter, il suo cavallo di battaglia: la digitalizzazione del Paese.
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Nella top ten mondiale del numero di seguaci su Twitter, il personaggio politico più seguito, dopo Barack Obama, è Nerendra Modi, primo ministro dell’India, considerato alquanto autoritario e populista all’estero e con molte controversie – anche etniche – irrisolte in patria. Dal 2014 occupa il posto che fu di Jawaharlal Nehru e di Indira Gandhi e, forse per la sua dote naturale di intenso dibattitore e per le sue interpretazioni teatrali giovanili, si è plasmato come un personaggio multimediale, star dei social network, protagonista da anni di un suo programma radiofonico e grande oratore che ha calcato – nelle campagne elettorali vinte nel 2012 e nel 2014 – le assi di più di 3.500 palchi con altrettanti duplicati di sé stesso, perfetti ologrammi trasmessi in simultanea per tutta l’India, con un sistema digitale e satellitare creato da un’azienda tutta italiana, famosa per i doppi di grandi cantanti pop e rock del passato fatti rivivere nei festival di mezzo mondo.
La digitalizzazione dell’India è uno dei cavalli di battaglia di Modi, vedi il programma infrastrutturale e di alfabetizzazione Digital India che punta alla “sovranità digitale” del Paese (collocato nel cosiddetto Global South), al primato di fornitore globale di tecnologie digitali e al passaggio a un’economia digital-first. Nel frattempo, però, ha portato l’India al punto più basso della sua storia recente nell’indice di libertà di stampa (World Press Freedom Index, 2022).
Con i suoi quasi 1,4 miliardi di abitanti, il sub-continente indiano risponde digitalmente molto bene, motivato anche da una perenne, dichiarata e rude competizione geopolitica e tecnologica globale con la Cina (il confinante aspirante alla leadership mondiale). Entrambi i Paesi sono però uniti nell’intento di relegare gli Usa a un umiliante terzo posto.
Nel Dna dell’India c’è tanta innovazione digitale. Se ci si rifacesse alla vecchia e ormai anticostituzionale divisione della società in caste, si potrebbero eccezionalmente collocare milioni di indiani – matematici, softwaristi, creatori di algoritmi e di intelligenza artificiale – in tutte le quattro principali caste e forse perfino includere gli intoccabili. I curricula scolastici indiani tendono a favorire la matematica e le scienze che aiutano a far emergere dei campioni nelle gare internazionali di matematica. I programmatori del sub-continente hanno la fama consolidata di essere fra i migliori al mondo. Lo scorso giugno Kalash Gupta, uno studente di informatica e ingegneria presso l’Indian Institute of Technology di Delhi, è stato nominato vincitore del concorso internazionale di scrittura del software nella competizione Tcs CodeVita (100mila concorrenti da 87 Paesi). C’è però chi contesta l’eccellenza degli indiani nel coding – l’argomento è molto dibattuto – ma di certo sono fra i più utilizzati al mondo, in particolare dalla Silicon Valley (Usa).
Così l’India si ritrova a essere uno dei Paesi più digitalizzati del globo e leader in aree come i pagamenti digitali, le transazioni finanziarie, l’identificazione digitale e l’assistenza sanitaria. L’India ha creato un proprio sistema internazionale di servizi finanziari e di pagamento (RuPay), che ha incluso altri Paesi (Singapore, Bhutan, Maldive, Emirati Arabi Uniti e Corea del Sud) e prevede di conquistare a breve Australia e Filippine.
Gli indiani stanno sul web per 7h19m al giorno – il 96,7% con lo smartphone. Sono i maggiori utilizzatori al mondo degli assistenti vocali digitali, di car sharing via app e di lettura di carta stampata (10h42m alla settimana). Complimenti.
Di Edoardo Fleischner
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