L’infanzia ammazzata delle bambine afghane
Ancora oggi in Afghanistan e in Pakistan viene praticata la “Bacha posh”: bambine travestite da maschi per poter lavorare e sostenere economicamente le proprie famiglie. I bambini maschi, invece, rischiano di essere vittime di pedofilia.
| Esteri
L’infanzia ammazzata delle bambine afghane
Ancora oggi in Afghanistan e in Pakistan viene praticata la “Bacha posh”: bambine travestite da maschi per poter lavorare e sostenere economicamente le proprie famiglie. I bambini maschi, invece, rischiano di essere vittime di pedofilia.
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L’infanzia ammazzata delle bambine afghane
Ancora oggi in Afghanistan e in Pakistan viene praticata la “Bacha posh”: bambine travestite da maschi per poter lavorare e sostenere economicamente le proprie famiglie. I bambini maschi, invece, rischiano di essere vittime di pedofilia.
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Ancora oggi in Afghanistan e in Pakistan viene praticata la “Bacha posh”: bambine travestite da maschi per poter lavorare e sostenere economicamente le proprie famiglie. I bambini maschi, invece, rischiano di essere vittime di pedofilia.
Si chiama “Bacha posh” che in lingua dari (nome ufficiale della lingua persiana afghana) significa “vestirsi da ragazzo”, una tradizione culturale che consiste nel tagliare i capelli di una bambina, vestirla da maschio e darle un nuovo nome maschile, così da permetterle di andare a scuola e lavorare. È una pratica dalle origini molto antiche ancora oggi in uso da tantissime famiglie dell’Afghanistan e del Pakistan.
All’origine di questa usanza ci sono necessità economiche e la convinzione arcaica che non aver avuto figli maschi sia un “disonore”. La decisione di travestire la bambina, solitamente la più piccola della famiglia, è dettata dal bisogno di sostenere economicamente la famiglia. Essendo trattata come un maschio, infatti, può andare a lavorare e svolgere tutte quelle attività negate alle femmine, come andare a scuola, uscire autonomamente o fare sport. È la povertà infatti la prima ragione che spinge a compiere scelte così incomprensibili ai nostri occhi.
Il beneficio di questa apparente “libertà” ha però una data di scadenza e coincide con la pubertà della bambina, che da quel momento dovrà invece vestire i panni (mai provati) da ragazza per essere data in sposa. È l’orribile fenomeno delle spose bambine che per le Bacha posh è ancora più drammatico. Essendo sempre state trattate da maschio, le ragazze non sanno infatti prendersi cura della casa. È facile, quindi, che siano vittima della furia del marito per un piatto che non è di suo gusto.
Purtroppo non si hanno dati certi sul numero di bambine che vengono costrette a tale pratica, essendo un segreto mantenuto strettamente nascosto dalle famiglie. Segnale preoccupante che la dice lunga su quanto sia difficile sradicare certe convinzioni che nell’ignoranza trovano il loro fertilizzante naturale.
Alcune donne reduci da questa pratica hanno dichiarato che per loro è stata un’esperienza traumatica dover fingere di essere dei maschi, per altre lo è stato tornare a vestire i panni di ragazze rinunciando a quei diritti assicurati invece al mondo maschile. Si è fatta portavoce dei loro diritti l’attivista e politica afghana Azita Rafaat che per provocazione ha vestito la figlia da maschio davanti ai fotografi. Di questo tema infatti si parla ancora pochissimo. Due gocce nell’oceano sono rappresentate da due docufilm che vale la pena guardare: “She is my Son” di Artyom Vorobey e “Osama” di Siddiq Barmark, vincitore del Golden Globes 2004 come miglior film straniero. Tra i pochi testi che hanno affrontato le “Bacha posh”, il libro più accreditato è “The underground girls of Kabul: in search of a hidden resistance in Afghanistan” (Le ragazze sotterranee di Kabul: alla ricerca di una resistenza nascosta in Afghanistan) della giornalista svedese, trapiantata a New York, Jenny Nordberg.
È terribile sentire che alcune di queste bambine, quando sono dovute tornare a vivere la loro condizione femminile, avrebbero preferito continuare a essere dei maschi per non dover rinunciare a quei privilegi goduti in precedenza. Purtroppo a subire violenze non è solo il genere femminile. Se alle bambine viene praticata la “Bacha posh”, su alcuni bambini viene praticata la “Bacha bazi” – tradotto “giocare, stare insieme ai bambini”. Si tratta di una forma istituzionalizzata di pedofilia diffusa in tutto il paese afghano, soprattutto nella parte settentrionale. I bambini tra gli 8 e i 14 anni – venduti dalle proprie famiglie in cambio di un lauto compenso o orfani costretti a vivere per strada – vengono travestiti da donne e obbligati a danzare con movenze femminili. Spesso vittime di abusi e abbandonati una volta compiuta la loro maggiore età, perché ritenuti non più desiderabili. Anche su questo esiste un docufilm che tratta l’argomento “Dancing boys” di Najibullah Quraishi.
Per quanto per alcuni la bacha posh venga vista come un atto “necessario”, in grado di sostenere economicamente le famiglie e assicurare i diritti fondamentali (a tempo determinato) per le bambine, rimane una pratica che mostra l’impossibilità di svolgere una vita normale. Una realtà denunciata ancora oggi da quelle donne coraggiose che scendono in piazza, senza compromessi, per rivendicare i loro diritti anche a costo della vita.
di Claudia Burgio
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