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Lo sceriffo non è più in città

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La manifestazione di impotenza diplomatica e soprattutto strategica degli Usa lascia senza fiato. Le conseguenze di questo confuso agire di Trump sono devastanti

Lo sceriffo non è più in città

La manifestazione di impotenza diplomatica e soprattutto strategica degli Usa lascia senza fiato. Le conseguenze di questo confuso agire di Trump sono devastanti

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Lo sceriffo non è più in città

La manifestazione di impotenza diplomatica e soprattutto strategica degli Usa lascia senza fiato. Le conseguenze di questo confuso agire di Trump sono devastanti

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Lo sceriffo non è più in città. Non c’è crisi mondiale – purtroppo ne abbiamo una clamorosa abbondanza – in cui il telefono della Casa Bianca non suoni a vuoto. Una simile manifestazione di impotenza diplomatica e soprattutto strategica lascia senza fiato. Perché le conseguenze pratiche di questo confuso agire sono devastanti ovunque volgiamo lo sguardo.

In Iran, Israele ha colpito informando – come ovvio – il suo principale alleato e protettore, ci auguriamo concordando le linee generali dell’azione ma seguendo una strategia autonoma all’evidenza, imperniata su una doppia scommessa del premer Benjamin Netanyahu. Azzerare le capacità nucleari di Teheran anche in prospettiva e innescare una reazione a catena (per restare in tema), in grado di portare alla caduta del regime degli ayatollah.

Obiettivo ultimo sul quale concordano con entusiasmo gli americani e buona parte dei Paesi arabi della regione. Non si dice, però, ed è l’unica concessione a un’impraticabile disco verde ufficiale agli israeliani. Nel caso degli arabi, equivalente a un suicidio politico.

La credibilità di un simile scenario resta tutt’altra faccenda e nessuno è disposto a scommetterci rischiando la faccia e non solo, a cominciare da Washington.

Il governo di Gerusalemme, così, non viene fermato: si lascia fare, provando a capire cosa accadrà e infatti Trump firma la dichiarazione congiunta al G7 solo dopo un estenuante tira e molla e poi va via in anticipo.

Gli Usa danno la sensazione di andare al traino, di accodarsi in tutta fretta a Bibi, con i consueti giudizi roboanti sparati dal Presidente e le catastrofiche minacce rivolte all’Iran.

Il “capolavoro” è stato compiuto su ciò che unisce questa guerra al conflitto in Ucraina (quello che Trump giurava di chiudere in 24 ore…): aver individuato in Vladimir Putin il possibile negoziatore fra Israele e Iran. Cosa che avrebbe avuto un senso prima della follia dello zar contro Kiev, ma che oggi ha il solo effetto di apparire l’ennesima frase fuori dal tempo e dalla logica. La sparata tanto per far vedere di essere a capotavola, peccato che i commensali si siano già alzati da un pezzo.

Almeno i partner europei incontrati dallo stesso Trump al G7 in corso in Canada, che ancor prima dell’avvio dei lavori hanno derubricato l’idea del capo della Casa Bianca su un Putin-pacificatore come irrealistica. Firmato – a stretto giro – Emmanuel Macron.

Come intuitivo, non stiamo sostenendo che gli Stati Uniti siano diventati irrilevanti, che Israele possa all’infinito andare avanti senza ascoltare la Casa Bianca e così via, ma impressiona la perdita di controllo dell’amministrazione Usa sulle grandi crisi.

Siamo certi che anche i più severi critici dell’imperialismo americano provino nostalgia per i tempi in cui guardando a Washington sapevi cosa pensare e aspettarti.

La stella dello sceriffo ti poteva stare sul gozzo, ma era un punto di riferimento per tutti.

Di Fulvio Giuliani

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