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Manchester, schiavismo e velieri di sventura

Ora l’ideologia woke se la prende pure con le due squadre di calcio di Manchester. Il motivo? Nei loro stemmi c’è una nave mercantile
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Manchester, schiavismo e velieri di sventura

Ora l’ideologia woke se la prende pure con le due squadre di calcio di Manchester. Il motivo? Nei loro stemmi c’è una nave mercantile
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Manchester, schiavismo e velieri di sventura

Ora l’ideologia woke se la prende pure con le due squadre di calcio di Manchester. Il motivo? Nei loro stemmi c’è una nave mercantile
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Ora l’ideologia woke se la prende pure con le due squadre di calcio di Manchester. Il motivo? Nei loro stemmi c’è una nave mercantile
Va detto: complimenti per la fantasia. Perché ce ne vuole, e tanta, per spiegare una teoria che suona pressappoco così: il Manchester United e il Manchester City, due tra i club di calcio più potenti al mondo, diffondono messaggi schiavisti. Colpa di qualche tycoon poco illuminato? O di un’uscita infelice da parte dei loro giocatori? No, niente di tutto ciò. La vergogna sarebbe nel loro simbolo. In un dettaglio, su cui la propaganda woke ha deciso di riversare l’ultima ondata di indignazione. Taci che l’immagine sotto accusa è a prova di tempesta: si tratta di un veliero. Presente sia nello stemma dei Citizens sia in quello dei Red Devils. Perché ha sempre rappresentato il libero commercio e il canale marittimo cittadino. Ma oggi qualcuno si domanda: «Non è anche l’emblema di un crimine contro l’umanità?». A fare da capopopolo, neanche a dirlo, è “The Guardian”. Che in un lungo editoriale spiega come «queste navi a tre alberi, fino al 1865, solcassero i sette mari con un carico spesso prodotto dallo schiavismo. Talvolta, quel carico erano proprio gli schiavi». E pazienza se il Manchester City risale al 1894 e lo United al 1902. Giusto a ridosso, toh guarda, della costruzione di quel canale (1887-1894) che ha garantito alla città l’accesso diretto al mare d’Irlanda – e dunque un volano economico senza precedenti. Ma seguiamo per un attimo il filo logico del “The Guardian” e di tutti i paladini dell’Inquisizione moderna, che anche in questo caso divampa sui social chiedendo ai due club di cambiare logo. Contestare il veliero significa mettere in discussione la storia. Tutta. Perché senza la marina mercantile di Sua Maestà il Regno Unito sarebbe stato ben poca cosa. Niente impero britannico, niente common law, niente inglese lingua internazionale (meglio!, obiettano quelle stesse frotte). È un’operazione di rimozione mentale che magari può espiare il presunto peccato di whiteness, ma fa perdere ogni aderenza alla realtà. E rischia di protrarsi all’infinito. Cosa accadrà quando il politicamente corretto si accorgerà che la quasi totalità degli stemmi calcistici europei deriva dall’araldica medievale e dintorni? Brucerà la maglia del Milan (croce rossa su scudo bianco) come si bruciava per stregoneria nel Ducato di Milano? Cancellerà quella del Real Madrid come la corona di Spagna cancellò le civiltà precolombiane? O se la prenderà di nuovo col City, che – sfigatissimo – oltre al veliero sfoggia pure la rosa rossa di quei latifondisti dei Lancaster? Per fortuna, anche per evitare un esoso rebranding, i due club di Manchester sembrerebbero aver liquidato la questione con un sobrio «non ragioniam di lor, ma guarda e passa». Anche questi sono versi di quei tempi bui. di Francesco Gottardi

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