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Mar cinese meridionale

Mar cinese meridionale: continue contese territoriali

Il mar cinese meridionale è al centro di rivendicazioni marittime e territoriali da decenni.  
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Mar cinese meridionale: continue contese territoriali

Il mar cinese meridionale è al centro di rivendicazioni marittime e territoriali da decenni.  
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Mar cinese meridionale: continue contese territoriali

Il mar cinese meridionale è al centro di rivendicazioni marittime e territoriali da decenni.  
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Il mar cinese meridionale è al centro di rivendicazioni marittime e territoriali da decenni.  

Il mare cinese meridionale è al centro di rivendicazioni marittime e territoriali che da decenni danno luogo a dispute già sfociate in conflitti armati e giudiziari. La questione è legata ad interessi che scaturiscono dalla ricchezza di gas e petrolio dei suoi fondali e dal passaggio in queste acque di almeno un terzo del commercio marittimo mondiale.

La particolare caratteristica di questo mare è la presenza di una moltitudine di isole e atolli disabitati con confini difficilmente tracciabili. A questo si aggiunge un intenso traffico di pescatori, navi mercantili e militari, che riduce ulteriormente la chiarezza dei possedimenti. Ne rivendicano i diritti tutti i paesi costieri quali Vietnam, Malaysia, Indonesia, Brunei, Filippine e soprattutto la Repubblica Popolare Cinese che considera di sua giurisdizione l’80% delle acque di questo mare.

Negli ultimi anni la situazione è diventata sempre più tesa specialmente nella zona degli arcipelaghi delle isole Spratly e Paracelso dove la Cina si è scontrata militarmente e giuridicamente più volte con le Filippine e in particolare con il Vietnam. In alcuni casi ha perfino edificato isolotti artificiali per installare attrezzature aeroportuali e militari. Il suo obiettivo è realizzare quello che in gergo viene chiamato Anti-Access/Area Denial: un sistema di radar, sensori ed armamenti per dissuadere i “non amici” alla navigazione.

È in questo contesto che dobbiamo leggere gli avvenimenti di questi anni lungo la costa meridionale della Cina. Ad ovest, vicino al Vietnam, troviamo l’isola costiera di Hainan dove ci sono le basi navali cinesi di Yulin e Longpo che ospitano sottomarini nucleari. Dalla parte opposta, ad est, al confine con il mare cinese orientale e il mare giapponese, troviamo l’isola costiera di Taiwan, teatro delle controversie di queste settimane. In mezzo c’è il porto di Hong Kong, città cinese con autonomia a statuto speciale, uno dei centri finanziari internazionali più importanti del mondo, sede di aspre rivolte contro il Partito Comunista cinese che ne vuole acquisire il controllo totale.

Taiwan è quindi determinante per gli interessi della Cina. Rimase come colonia giapponese fino 1945. Passò quindi alla Repubblica Popolare Cinese ma nel 1949 proclamò la sua indipendenza acquisendo il nome provocatorio di Repubblica di Cina e rivendicando anche la sovranità sulla Mongolia ed anche sulla stessa Cina continentale.

Fino al 1971 venne riconosciuta dalla comunità internazionale come unica Cina con il fine di sminuire il potere comunista di Mao Tse-tung. Oggi è invece  riconosciuta solo da 13 Stati fra cui la Santa Sede ma non dal Canada, dagli Stati dell’Unione Europea e dai membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’ONU.

Gli Usa approfittano di questa situazione per garantirsi un posto in prima fila su un teatro così rilevante e per questo nel mese di agosto hanno inviato tre delegazioni in visita ufficiale a Taipei. Non ne sostengono l’indipendenza ma forniranno all’isola i mezzi per la difesa militare. I taiwanesi a loro volta stanno portando il bilancio della difesa alla cifra record di 19 miliardi di dollari. La paura di un’invasione è concreta ma la Cina, come dice uno dei loro massimi proverbi, non agirà direttamente ed attenderà lungo la riva il passaggio dei cadaveri dei propri nemici.

di Massimiliano Fanni Canelles

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