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Meloni a colloquio con Trump alla Casa Bianca: “Rendiamo l’Occidente di nuovo grande” – IL VIDEO

Andato bene l’incontro Meloni-Trump alla Casa Bianca. La premier si dice pronta ad alzare le spese militari, mentre Trump sarebbe ben disposto verso un negoziato con l’Unione europea

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La visita di Giorgia Meloni è andata bene. Oltre i saluti di prammatica in perfetto stile Trump, decisamente più importante lo scambio di battute alla presenza dei giornalisti, che ha preceduto il vertice vero e proprio.

Il capo della Casa Bianca ha ribadito di essere intenzionato a trovare un accordo con l’Unione Europea e si è detto ottimista riguardo la possibilità di raggiungere un compromesso. Musica per le orecchie di Giorgia Meloni, che ha subito sottolineato la necessità di parlare con franchezza, per poter trovare un punto comune su cui incontrarsi.

Muovendosi sulle uova, per non urtare la suscettibilità di nessuno e non apparire fuori sintonia con gli altri capi di Stato e di governo dell’Unione e la presidente della Commissione, il capo del governo italiano ha sottolineato come sia sua intenzione trattare al meglio per gli interessi italiani, aggiungendo subito dopo di non poter fare accordi in nome dell’unione. Sembrano sottigliezze, ma non lo sono neppure un po’: è la differenza fra l’accreditarsi come pontiere e apparire pronta a isolarsi.

Meloni non è a Washington per conto dell’Unione europea, ma le sue telefonate con la presidente della Commissione Von der Leyen degli ultimi giorni non lasciano dubbi: spetta a lei sondare il terreno, capire se Trump è disposto a trattare con l’Ue. E così, prima ancora di entrare nel merito del confronto, Meloni ha provato a toccare l’argomento. La risposta di Trump è stata positiva: un compromesso, «trovarsi a metà strada» come auspicato da Meloni, è possibile. Ma, ha aggiunto il tycoon, il motivo non è l’appeasement. «Perché noi abbiamo ciò che vogliono tutti». Il leader della Casa Bianca non ha chiarito a che cosa si riferisse. Forse si riferisce agli Usa come un mercato difficilmente sostituibile, o forse alla potenza militare.

Molti i dossier sul tavolo. Quello sui dazi, innanzitutto. Ma anche Nato, spese per la difesa, forniture energetiche e negoziati sull’Ucraina, rapporti con Vladimir Putin e Xi Jinping. Non a caso Meloni, dopo aver invitato Trump a visitare l’Italia, ha annunciato di essere pronta a raggiungere il 2% del Pil in spese militari: un modo per corteggiare il tycoon dimostrandosi disponibile.

Nell’incontro nello Studio Ovale, ribaditi i concetti di cui sopra, il passaggio più delicato è risultato quello sull’Ucraina. Giorgia Meloni ha dovuto cercare di difendere Zelensky, senza urtare eccessivamente la sensibilità del presidente e non creare le condizioni per un potenziale “incidente”. Ha lasciato sfogare Trump nelle consuete ricostruzioni e giudizi non lusinghieri. E si è ben guardata dall’appoggiare la sua ricostruzione delle origini della guerra e la mano tesa (ribadita) a Putin. Meloni ha intelligentemente atteso che passasse la bufera e si potesse andare al tema successivo, per non rischiare di mettere in pericolo l’esito dell’intero incontro. Chiuso sulle note di una più volte ribadita forte sintonia con Giorgia Meloni. Che riparte alla volta dell’Italia portando in dote parole mai così nette e positive nei confronti dell’Unione Europea. E questo è forse il risultato in assoluto più importante, in prospettiva.

Di Umberto Cascone e Fulvio Giuliani

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