Musk, minacce e retromarce. Poi ci sarebbe la realtà
Musk, minacce e retromarce. A Elon Musk non importa nulla della realtà, se non per piegarne il racconto ai suoi interessi del momento. Tattici, più che strategici
Musk, minacce e retromarce. Poi ci sarebbe la realtà
Musk, minacce e retromarce. A Elon Musk non importa nulla della realtà, se non per piegarne il racconto ai suoi interessi del momento. Tattici, più che strategici
Musk, minacce e retromarce. Poi ci sarebbe la realtà
Musk, minacce e retromarce. A Elon Musk non importa nulla della realtà, se non per piegarne il racconto ai suoi interessi del momento. Tattici, più che strategici
Musk, minacce e retromarce. A Elon Musk non importa nulla della realtà, se non per piegarne il racconto ai suoi interessi del momento. Tattici, più che strategici
Musk, minacce e retromarce. A Elon Musk non importa nulla della realtà (non scriviamo “se ne frega“, perché potrebbe essere equivocato…), se non per piegarne il racconto ai suoi interessi del momento. Tattici, più che strategici.
Solo che la realtà si prende le sue rivincite. Andiamo per punti: le vendite delle Tesla in Europa, dopo il pesante flop di gennaio (ne scrivemmo senza cercare conclusioni semplicistiche), hanno continuato a far registrare dei segni ‘meno’ inquietanti soprattutto in Germania, Francia e nel Nord.
In Germania -76%, dopo il -60 di un mese prima e mentre sale la quota delle elettriche nella Repubblica federale. In Francia, -26%. In Norvegia e Danimarca -48%. In Svezia -42%.
Numeri oggettivamente terribili dal punto di vista industriale, solo parzialmente riequilibrati dalla decisa controtendenza che si è registrata nel Regno Unito (+20%) e anche dalle buone notizie dal mercato italiano.
Queste ultime meritano una veloce interpretazione. Dopo il picco negativo di gennaio, a febbraio la ripresa è stata decisa soprattutto per la più economica Model 3 che ha quasi quadruplicato le vendite sul mese prima (501 a 141). Ma è ‘solo’ la seconda auto elettrica più venduta nel nostro Paese dietro la Citroën e-C3 e davanti alla Dacia Spring.
Anche da noi, dunque, si potrebbero saldare i due elementi che abbiamo sottolineato più volte: i danni inequivocabili della sovraesposizione politica di Musk e l’emergere di una concorrenza economicamente più abbordabile, cinese e non solo.
Torniamo ai punti di realtà: Musk è stato pesantemente contestato, dopo un mese di pieno superomismo, da più ministri del governo Trump. Durissimo lo scontro di giovedì, riportato dal New York Times, con il segretario di Stato Rubio.
Causa: i tagli indiscriminati operati dal famigerato Doge. Secondo le cronache del più importante quotidiano al mondo, Musk era partito convinto di poter vincere anche questa battaglia dialettica. E alla fine Trump ha dato ragione a Rubio. Una botta, rispetto alla quale giacca e cravatta imposte dal Presidente sono nulla.
Molto significativo, poi, che le ricostruzioni del New York Times non siano state smentite.
Ancora, forte calo in Borsa del titolo Tesla, le difficoltà di SpaceX che gli esperti del settore spaziale per la prima volta hanno cominciato a giudicare più sistemiche e meno episodiche, le contestazioni alla Tesla in Europa (Nazicar) e sfociati in veri atti di vandalismo negli Usa.
A valle di tutto questo, Musk raddoppia sottolineando minacciosamente come la prima linea Ucraina crollerebbe senza le comunicazioni della sua Starlink. Dice che gli USA dovrebbero lasciare la Nato e offende un ministro polacco. Poi ritratta tutto sul solito X. Voglia di caos.
Di Fulvio Giuliani
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