Neanche la Bbc è più la Bbc
La crisi che attraversa oggi la Bbc non nasce dallo scandalo più recente, ma affiora da anni di erosione lenta
Neanche la Bbc è più la Bbc
La crisi che attraversa oggi la Bbc non nasce dallo scandalo più recente, ma affiora da anni di erosione lenta
Neanche la Bbc è più la Bbc
La crisi che attraversa oggi la Bbc non nasce dallo scandalo più recente, ma affiora da anni di erosione lenta
Londra – La crisi che attraversa oggi la Bbc non nasce dallo scandalo più recente, ma affiora da anni di erosione lenta in cui il ruolo dell’emittente pubblica è stato messo in discussione, svuotato, rinegoziato. Le tensioni esplose attorno alla sua leadership sono soltanto l’epilogo di un processo più profondo, che riguarda l’identità stessa del servizio pubblico nel Regno Unito: la sua funzione, la sua autonomia, la sua credibilità. È un processo che affonda le radici nel post Brexit, in un clima politico avvelenato in cui la Bbc è diventata il bersaglio preferito del governo conservatore. Non un organo da difendere ma un colosso da smontare: accusato di faziosità, tacciato di elitismo, delegittimato pubblicamente. Non a caso è stato proprio Boris Johnson – fra i principali artefici di questa delegittimazione – a riapparire ora in veste di difensore dell’imparzialità, puntando il dito contro l’emittente con quel tono da moralista riciclato che accompagna spesso le sue incursioni tardive. In realtà è proprio durante il suo governo che si è aperta una stagione di pressioni, di nomine politicizzate, di abbandoni eccellenti e di autocensura sistemica. Una stagione che ha spinto la Bbc a interrogarsi non soltanto su ciò che può dire ma anche su cosa può ancora permettersi di essere.
Il primo divorzio importante era stato quello di Andrew Marr, figura centrale del giornalismo politico britannico, che se ne andò nel 2021 dichiarando di non poter più parlare liberamente. L’anno dopo toccò a Emily Maitlis (celebre per la sua intervista al principe Andrew su Jeffrey Epstein), il cui monologo sulla disinformazione governativa durante la pandemia divenne virale. E poi tanti altri, contrari al mantra di redazione “Never say Brexit” (Non dire mai Brexit). A rafforzare questa dinamica c’era anche la figura controversa di Richard Sharp, ex banchiere e finanziatore dei tories, nominato presidente della Bbc proprio da Johnson. Quando nel 2023 emerse che aveva favorito un prestito personale da 800mila sterline all’ex premier, fu costretto alle dimissioni. E poi il caso di Dominic Cummings, consigliere politico di Johnson, sul quale ai giornalisti veniva impedito di indagare.
Le grandi firme hanno lasciato la Bbc a causa dei bavagli e con loro se n’è andata anche una parte dell’identità della tv di Stato britannica. L’emittente ha progressivamente smesso di essere ciò per cui era nata e oggi assomiglia sempre più a una testata globale qualunque, in cui il contenuto non risponde più a princìpi di verità ma a logiche di visibilità. È il neogiornalismo della post realtà, in cui le regole deontologiche diventano opzionali. Si riscrivono i discorsi per renderli più virali, si usano attori nei documentari, si rilanciano numeri non verificati.
D’altra parte, se rompi (come ha fatto Johnson) un meccanismo pensato per garantire autonomia poi non puoi lamentarti se quel meccanismo inceppato va nella direzione opposta a quella desiderata. È un boomerang che colpisce un asset irrinunciabile del sistema britannico. Perché la Bbc non è un canale qualsiasi. La sua architettura pubblica, non commerciale e non lottizzata, era stata concepita per resistere sia al mercato sia al potere politico. Inoltre la sua affidabilità è un valore non soltanto morale ma anche economico. La vendita di contenuti, i diritti di trasmissione, le partnership internazionali si reggono sulla sua reputazione. Se questa si sgretola, crolla anche la sostenibilità del modello.
E se salta la Bbc, non salta solo un’emittente. Si perde un punto di equilibrio che per decenni ha tenuto insieme il discorso pubblico britannico. La sua autorevolezza garantiva un terreno comune su cui il confronto era possibile. Senza di essa resta soltanto la polarizzazione.
di Alessandra Libutti
La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
Leggi anche
22 anni fa la strage di Nassiriya. La fine delle illusioni
Ucraina, il fronte che non è sulle mappe
Usa, fischi e buu per Trump prima di una partita di Nfl – IL VIDEO