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Netanyahu sempre più debole

Il successo dell’operazione “Arnon” aveva convinto persino le forze israeliane di una necessità di pausa dalla guerra. Ma non per il premier Netanyahu, sempre più debole

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Netanyahu sempre più debole

Il successo dell’operazione “Arnon” aveva convinto persino le forze israeliane di una necessità di pausa dalla guerra. Ma non per il premier Netanyahu, sempre più debole

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Il successo dell’operazione “Arnon” aveva convinto persino le forze israeliane di una necessità di pausa dalla guerra. Ma non per il premier Netanyahu, sempre più debole

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Il successo dell’operazione “Arnon” aveva convinto persino le forze israeliane di una necessità di pausa dalla guerra. Ma non per il premier Netanyahu, sempre più debole

Persino per il comando delle Tsahal, le Forze di difesa israeliane, la guerra a Gaza dovrebbe prendersi una pausa. Il successo dell’operazione “Arnon” – con cui sono stati liberati quattro ostaggi da mesi nelle mani di Hamas – e il completamento della conquista del Corridoio Filadelfia (atto a sigillare il confine gazeo-egiziano) avevano convinto i generali ad avviare una tregua. L’obiettivo era quello di sospendere i combattimenti per qualche ora in modo da far arrivare aiuti umanitari nel Sud della Striscia, dove si concentrano più di un milione di profughi.

Non sarebbe stato un gesto inutile, anzi. I palestinesi di Rafah ringraziano su TikTok chi dona loro agnelli da macellare all’aria aperta per festeggiare la ʿId al-adha, la festa del sacrificio che i musulmani celebrano nel mese dell’Hajj (il pellegrinaggio alla Mecca). A Gaza sono merce introvabile e la carità tramite social regala piccoli momenti di normalità a una popolazione che ha visto metà delle proprie case venire abbattute, sempre mentre sta soffrendo una carestia diffusa. Certo, la causa di questo conflitto è stato l’eccidio che la sua leadership ha perpetrato il 7 ottobre scorso, ma la risposta degli israeliani è stata già molto energica. Una pausa avrebbe sicuramente aiutato tutti.

Il primo ministro d’Israele Benjamin Netanyahu è invece andato su tutte le furie per questa fuga in avanti dell’apparato militare, ordinando la revoca dell’interruzione delle manovre belliche a Rafah. «È inaccettabile. Siamo un Paese con un esercito, non il contrario» ha commentato, forse anche timoroso di perdere l’appoggio dell’ultradestra nel suo governo. La mossa dei militari arriva infatti appena una settimana dopo l’abbandono dell’intesa nazionale col centrista (ed ex generale) Benny Gantz, che ritiene la guerra attuale priva di una vera strategia.

La sua decisione ha portato Netanyahu a sciogliere il Consiglio ristretto di guerra con cui condivideva le decisioni: da adesso si affiderà invece a una lista ristretta di ministri. Il timore è che ora s’imponga il ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben-Gvir, considerato un fascistoide suprematista ebraico e che di recente si era lamentato di non essere mai interpellato da Netanyahu su questioni militari. La speranza è che Ben-Gvir rimanga ben lontano dalle ‘stanze dei bottoni’ (specialmente se questi sono collegati a missili), ma ogni dialogo fallito sulla tregua rende gli oltranzisti come lui sempre più forti.

Nel frattempo al confine Nord d’Israele l’escalation col Libano ha assunto dei toni surreali. Lì Gerusalemme ha infatti colpito direttamente la testa che ha coordinato gli attacchi con i droni che hanno incendiato tutta l’Alta Galilea, uccidendo il comandante in capo della Divisione Nassr di Hezbollah. Due giorni consecutivi con più di 200 attacchi di droni e missili sono stati la vendetta ordinata da Hassan Nasrallah, il leader del movimento terroristico libanese. Per rincarare la dose, un funzionario iraniano ha rivelato ai giornalisti di “Foreign Policy” che Hezbollah avrebbe a disposizione ancora più di un milione di ordigni da lanciare sul nemico.

In attesa di conferme riguardo questo vertiginoso arsenale, fornito dall’Iran per la prossima guerra contro Israele, gli israeliani hanno messo in campo un trabucco e archi con frecce infuocate. Armi che queste terre non vedevano dalle Crociate e che alcuni soldati di Gerusalemme hanno impiegato per incendiare la vegetazione dove si nascondono i militanti che sparano da oltreconfine. Non proprio equipaggiamenti da manuale di guerra moderna, ma à la guerre comme à la guerre.

di Camillo Bosco

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