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Non chiamatela ‘guerra di Putin’

Le torture inflitte agli ucraini non sono una responsabilità soltanto del criminale Putin: vi sono momenti nella Storia in cui il Male assoluto torna ciclicamente a ricordarci di cosa è capace l’uomo, contro sé stesso.
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Non chiamatela ‘guerra di Putin’

Le torture inflitte agli ucraini non sono una responsabilità soltanto del criminale Putin: vi sono momenti nella Storia in cui il Male assoluto torna ciclicamente a ricordarci di cosa è capace l’uomo, contro sé stesso.
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Non chiamatela ‘guerra di Putin’

Le torture inflitte agli ucraini non sono una responsabilità soltanto del criminale Putin: vi sono momenti nella Storia in cui il Male assoluto torna ciclicamente a ricordarci di cosa è capace l’uomo, contro sé stesso.
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Le torture inflitte agli ucraini non sono una responsabilità soltanto del criminale Putin: vi sono momenti nella Storia in cui il Male assoluto torna ciclicamente a ricordarci di cosa è capace l’uomo, contro sé stesso.
A fine giugno 144 prigionieri ucraini venivano scambiati con altrettanti soldati russi in mano all’esercito di Kyiv: 95 erano difensori dell’Azovstal, di cui 43 del reggimento Azov. Il mese precedente Croce Rossa internazionale e Onu si erano fatti garanti dell’incolumità di quelle persone, poco prima che evacuassero l’acciaieria di Mariupol dopo 86 giorni di coraggiosa resistenza a difesa della città. Solo pochi giorni fa ho descritto su queste pagine l’orribile sorte toccata agli altri “eroi d’acciaio”, imprigionati nell’inferno di fuoco della colonia penale numero 52 di Olenivka. Nel frattempo ho raccolto le testimonianze di personale medico, militari, parenti e amici di quei reduci valorosi di cui nessuno ha più parlato. I pochi “liberati” sono stati dirottati in diversi centri ospedalieri, in condizioni psicofisiche fortemente compromesse. L’incubo vissuto dentro l’Azovstal era solo il preludio di ciò che li avrebbe attesi ad Olenivka. In “Poutine historien en chef”, l’eminente storico slavista Nicolas Werth ha raccolto diversi testi e discorsi pronunciati da Vladimir Putin. Alcuni passaggi dell’equivalente del mein kampf putiniano indicano che la denazificazione del popolo ucraino debba passare per punizioni esemplari e sommarie, eliminazioni fisiche sul campo di battaglia e la cosiddetta “liquidazione totale”, attuata impedendo di riprodursi a tutto ciò che non può essere rieducato. Un delirio concretizzato dagli aguzzini rascisti e persino annunciato pubblicamente, perché poche ore prima del rogo in cui i carcerieri hanno tentato di occultare le atrocità commesse nel penitenziario di Olenivka, l’ambasciata russa in Inghilterra ha reso noto che i detenuti dell’Azov avrebbero meritato una morte umiliante. Durante questi mesi, ad Olenivka è andato in scena l’inferno. Quasi tutti i prigionieri sono stati castrati. Ad alcuni hanno introdotto schiuma poliuretanica nell’intestino fintanto da farlo esplodere. Ai cecchini sono state tagliate tutte le dita un pezzo alla volta, dalle falangi ingiù. Alcuni sono stati sospesi per mani e piedi, finché cedendo sfiniti venissero dilaniati nelle parti basse dai cocci di una bottiglia di vetro posta sotto di loro. Vi sono momenti nella Storia in cui il Male assoluto torna ciclicamente a ricordarci di cosa è capace l’uomo, contro sé stesso. Si ripresenta con volti diversi, parla lingue diverse, ma ciò che assolutizza l’incarnazione terrena del Male è la commistione di due elementi tra loro antitetici: la disinibizione degli istinti primordiali a soddisfacimento delle pulsioni più sadiche e la rigorosa organizzazione di un metodo, strutturato scientemente e razionalmente secondo un modello che ne legittimi l’applicazione. Così è stato per l’Inquisizione, la Shoah, il comunismo, l’Isis, ed è oggi. L’uomo tende ad attribuirne la responsabilità ad una sola persona o una classe dominante, mentre a perpetrare materialmente i crimini peggiori sono proprio le persone comuni. Putin e Kirill sono i frontman, politico e spirituale, del potere in Russia negli ultimi settant’anni: il Kgb, oggi Fsb. Il metodo che ha condizionato milioni di persone comuni. Questa non è la “guerra di Putin”. Ascoltate Medvedev e Patrushev, suoi designati successori.   di Giorgio Provinciali

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