Con Kiev, l’Occidente e la sua strategia
Con Kiev, l’Occidente e la sua strategia
Con Kiev, l’Occidente e la sua strategia
Ancora una volta – l’ennesima – i profeti di sventura e gli aruspici del fallimento europeo sono stati serviti dalla decisione presa dal Consiglio straordinario chiamato a deliberare i nuovi impegni economici in aiuto all’Ucraina. Tema già approfondito e su cui non torneremo. Soltanto un’annotazione: la capacità decisionale dell’Unione c’è e i primi a cui converrebbe ricordarlo sono gli stessi leader europei, senza bisogno di un Orbán per sollecitare decisioni da prendere non con senso d’emergenza ma in una prospettiva strategica. Quanto agli Stati Uniti, nonostante la crescente pressione politica del pressoché certo sfidante repubblicano di ritorno Donald Trump al presidente Joe Biden, gli Usa hanno sempre confermato il proprio sostegno economico e militare a Kiev.
A quasi due anni dall’inizio della tragica e folle invasione russa, l’Occidente resta insomma compatto al fianco del Paese aggredito e la scommessa di Vladimir Putin di spaccare il fronte europeo e atlantico con il suo azzardo resta un clamoroso fallimento. Proprio la dimensione dell’impegno in favore dell’Ucraina e la sua qualità politico-strategica impongono però uno sguardo a lungo termine: se è vero come è vero che da Washington e da (quasi) tutte le capitali europee si è sempre ripetuto che spetterà soltanto all’Ucraina e al governo di Volodymyr Zelensky impostare una road map militare e diplomatica, quest’ultima prima o poi dovrà anche essere individuata e illustrata agli alleati-sostenitori. È logico che il governo di Kiev abbia puntato su una riconquista profonda dei territori occupati ma l’operazione a oggi si è mostrata parzialmente inconcludente. È un fatto che, dopo la vittoriosa controffensiva di un anno fa in grado di far traballare l’impianto militare russo, dalla scorsa estate a oggi le operazioni si siano esaurite in una guerra d’attrito terrificante per uomini e mezzi.
Lo scenario da guerra novecentesca, che tante volte abbiamo sottolineato, non può trasformarsi in una routine. Combattono e muoiono a migliaia, i russi hanno perso la raccapricciante cifra di oltre 300mila uomini. Si bombarda, si fanno vittime civili in numero intollerabile, si trasformano intere aree dell’Ucraina in luoghi spettrali che ricordano i campi di battaglia della Prima guerra mondiale, come riportato con straordinaria efficacia dai reportage di Giorgio Provinciali e Alla Perdei per il nostro giornale. Tutto questo non logora soltanto le riserve e l’animo ucraino (fermo restando il succitato mattatoio dei soldati russi nell’indifferenza del capo). Metterà sempre più a dura prova la capacità di resistenza politica europea e statunitense, anche senza paventare un ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca. Gli evidenti scossoni interni allo stesso governo Zelensky, i rapporti complessi con i vertici delle Forze armate, i pur coraggiosi interventi a gamba tesa a cui è stato costretto il presidente ucraino davanti a episodi di corruzione o interessi personali sono la spia di un malessere che non si vive solo al fronte.
Spesso ci interroghiamo anche in Italia sul grado di appoggio della pubblica opinione alla guerra per la libertà e l’indipendenza degli ucraini, a una resistenza che è anche la nostra. Ebbene, nonostante un fisiologico calo, resta assolutamente ragguardevole considerato il tempo passato. Tranne alcune frange storicamente affascinate da Putin e dal suo potere muscolare, nessuno si sogna di mollare l’Ucraina e gli ucraini al loro destino. Almeno per dignità e nostro interesse diretto. Però una strategia riconoscibile è essenziale. Un punto d’approdo, un traguardo intorno al quale costruire un percorso e continuare a mantenere saldo l’Occidente e vincere la guerra, senza limitarsi ad aspettare il cruciale appuntamento di novembre per la Casa Bianca. Prima di trasformare una tragedia collettiva in un rumore di fondo, orrido quanto si vuole ma incapace di tenere sveglie in eterno le coscienze, senza le quali nessun governo di Paesi democratici può tenere all’infinito posizioni politicamente, militarmente ed economicamente costosissime.
di Fulvio GiulianiLa Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
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