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Patch Adams compie 80 anni

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Hunter Doherty Adams detto Patch, che oggi compie 80 anni, non è soltanto un medico: è un ribelle con la missione di guarire il mondo, un paziente alla volta

Patch Adams

Patch Adams compie 80 anni

Hunter Doherty Adams detto Patch, che oggi compie 80 anni, non è soltanto un medico: è un ribelle con la missione di guarire il mondo, un paziente alla volta

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Patch Adams compie 80 anni

Hunter Doherty Adams detto Patch, che oggi compie 80 anni, non è soltanto un medico: è un ribelle con la missione di guarire il mondo, un paziente alla volta

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In un’America dove la sanità è un lusso e non un diritto, dove le cure si comprano e la salute ha un prezzo, un uomo ha scelto di camminare scalzo sulle corsie della medicina. Con un naso rosso, un camice colorato e una risata come stetoscopio. Hunter Doherty Adams detto Patch, che oggi compie 80 anni, non è soltanto un medico: è un ribelle con la missione di guarire il mondo, un paziente alla volta. La maggior parte di noi lo conosce grazie a Robin Williams, che nel celebre film omonimo del 1998 lo ha trasformato in un’icona globale della medicina con il cuore. Ma dietro la commedia, dietro la maschera da clown, c’è una storia vera fatta di dolore, coraggio e rivoluzione.

Patch non nasce con il sorriso: lo ha cercato, lo ha scelto e poi lo ha donato. La sua adolescenza è segnata da abbandoni e traumi. E sprofonda nel buio quando suo padre, militare in carriera, muore. Patch cade in depressione, arrivando a un passo dal suicidio. Lo ricoverano in un ospedale psichiatrico, tra pareti grigie e silenzi pesanti. Qui ha la sua prima illuminazione: la gioia può essere medicina. Inizia allora a girare le stanze dell’ospedale per far ridere gli altri pazienti, provando a cercare la luce nelle crepe dell’umanità ferita. Non è ancora un dottore, ma già cura.

Negli anni Settanta si iscrive al Medical College della Virginia, dove prova a mettere in pratica le sue teorie. Gira con dei palloncini, canta nei corridoi. Soprattutto ascolta. In molti lo considerano un mezzo matto. Al punto che un giorno viene convocato dal Consiglio di disciplina: lo accusano di portare troppa allegria nella scuola. Lui, con la semplicità di un folle lucido, risponde: «La medicina è uno scambio d’amore, non un business». Riesce così a evitare l’espulsione. Del resto, pensano i suoi insegnanti, come si può punire chi guarisce con un abbraccio? Da quel momento in poi la sua missione diviene chiara: costruire un luogo dove la cura sia gratuita, umana, felice. Nasce così il Gesundheit! Institute, un ospedale-arcobaleno in West Virginia dove si gioca, si ride, si mangia insieme, si piange insieme. Dove i pazienti non sono numeri ma nomi, storie, mani da stringere. È un’utopia reale che vive grazie a volontari da tutto il mondo e che resiste, ostinata, al cinismo della sanità commerciale.

Patch Adams non si è mai più fermato. Viaggia in lungo e in largo con una valigia piena di nasi rossi e sogni da condividere. Clown-terapeuta, insegnante, attivista, ricorda a tutti che «morire inizia pochi minuti prima della morte, tutto il resto è vivere». Parla nei teatri, nelle università, nei campi profughi, negli ospedali da guerra. Nonostante il successo mondiale del film che porta il suo nome, Patch ha spesso raccontato la sua frustrazione: «Quella versione di me era troppo semplice, troppo comoda». Ma ha sempre ringraziato Robin Williams per la sua generosità e la sua arte. Quando l’attore si tolse la vita, Patch lo salutò con una lettera commossa su “Time”: «Hai dato tanto al mondo, grazie per aver creduto in me».

Oggi Patch continua a sfidare il sistema, armato di allegria e compassione. Il suo messaggio è semplice, quasi disarmante: per curare davvero bisogna amare. Guardare l’altro, ascoltarlo, toccarlo, esserci. Non servono grandi tecnologie, ma umanità. In un mondo che sembra aver dimenticato il senso della cura, Patch Adams ci ricorda che un sorriso può essere più potente di una medicina. E che forse la vera rivoluzione comincia con una risata.

di Stefano Faina e Silvio Napolitano

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