Perché Trump parla come un ragazzo delle medie
Concentriamoci sul lessico, le forme espressive scelte da Trump: il suo periodare, sia scritto che orale, è di una banalità sconcertante
Perché Trump parla come un ragazzo delle medie
Concentriamoci sul lessico, le forme espressive scelte da Trump: il suo periodare, sia scritto che orale, è di una banalità sconcertante
Perché Trump parla come un ragazzo delle medie
Concentriamoci sul lessico, le forme espressive scelte da Trump: il suo periodare, sia scritto che orale, è di una banalità sconcertante
Concentriamoci sul lessico, le forme espressive scelte da Trump: il suo periodare, sia scritto che orale, è di una banalità sconcertante
L’impatto dell’”età dell’oro” di Donald Trump è tale, la portata e i contenuti del diluvio di ordini esecutivi firmati a raffica dal 47º Presidente degli Stati Uniti d’America così sconvolgente d’aver mandato in confusione non solo la macchina statale Usa. Il governo ha già dovuto fare marcia indietro nella Sanità, perché l’effetto degli ordini di Trump era paralizzante ma questi ultimi hanno comunque occupato l’orizzonte di chi osserva e prova a capire.
Parole, ordini e concetti sbrigativi risultano così stordenti da mancare il tempo di riflettere su alcuni aspetti fondamentali, per comprendere la strategia trumpiana. Quest’ultima può essere tante cose ma non certo ingenua. Concentriamoci sul lessico, le forme espressive scelte dal Presidente: il suo periodare, sia scritto che orale, è di una banalità sconcertante. In ultima pagina su La Ragione ricordiamo oggi Martin Luther King e, a parte le abissali differenze di pensiero fra le figure, si resta di stucco se pensiamo alla regressione verbale dai tempi delle lotte per i diritti civili all’epoca social.
The Donald scrive e parla come un ragazzino delle medie e lo fa per lucida scelta tattica e strategica.
Usa periodi secchi, brevissimi, un procedere sincopato, carico di superlativi, aggettivi pomposi e una punteggiatura che accompagna la sostanza del suo pensiero. È un diluvio di “grandioso”, “epico”, la già citata “età dell’oro”, “meraviglioso”, “pessimo”,“indegno”, condito da doppi punti esclamativi e punti interrogativi dalla forte valenza retorica.
Trump scrive e parla così perché sa che verrà capito all’istante dalla sua base di follower. Che è anche la base elettorale ma quella ha esaurito il suo compito a novembre, ora servono le truppe cammellate pronte ad accettare la sua visione della realtà.
Quando incolpa le politiche di diversità e inclusione del disastro aereo di Washington, impiega tre frasi lapidarie per individuare nei “disabili” e nel “personale di basso livello” i responsabili della tragedia e nelle persone “psicologicamente superiori” la soluzione. Null’altro da aggiungere, mentre ancora si cercavano i corpi delle vittime in acqua e l’inchiesta non era neppure partita.
Contano le parole scolpite nella pietra: facili, dirette, ultimative. Indiscutibili. Il suo pubblico applaude convinto, perché vuole quella lettura della realtà. Semplice e consolatoria. Anche avere un colpevole a portata di mano aiuta a vivere meglio, se non ti vuoi far troppe domande. Ha senso se – come è stato di recente certificato in Italia – un bel pezzo della popolazione non è in grado di comprendere testi appena più complessi degli antichi sussidiari delle elementari.
di Fulvio Giuliani
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