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Prigozhin e Putin, pace fatta

Evgenij Prigozhin, capo dell’esercito mercenario della Wagner che inscenò il 24 giugno la marcia-ammutinamento sulla capitale, e Vladimir Putin hanno fatto pace
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Prigozhin e Putin, pace fatta

Evgenij Prigozhin, capo dell’esercito mercenario della Wagner che inscenò il 24 giugno la marcia-ammutinamento sulla capitale, e Vladimir Putin hanno fatto pace
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Prigozhin e Putin, pace fatta

Evgenij Prigozhin, capo dell’esercito mercenario della Wagner che inscenò il 24 giugno la marcia-ammutinamento sulla capitale, e Vladimir Putin hanno fatto pace
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Evgenij Prigozhin, capo dell’esercito mercenario della Wagner che inscenò il 24 giugno la marcia-ammutinamento sulla capitale, e Vladimir Putin hanno fatto pace

Mosca – Evgenij Prigozhin, capo dell’esercito mercenario della Wagner che inscenò il 24 giugno la marcia-ammutinamento sulla capitale, e Vladimir Putin hanno fatto pace. È quanto si può intendere dalle notizie e dalle indiscrezioni che circolavano a Mosca già dalla scorsa settimana. Venerdì “Libération” aveva battuto la notizia, ottenuta da una ‘gola profonda’ dei servizi occidentali, dell’incontro fra Putin e Prigozhin. L’altro ieri, a sorpresa, il portavoce di Putin, Dmitry Peskov, ha confermato la riunione tenutasi al Cremlino il 29 giugno. Secondo il canale Telegram “Redazione Wagner”, in quella occasione il presidente russo, come gesto di buona volontà, avrebbe restituito al ‘signore della guerra’ alcuni milioni di dollari sequestrati nella sede della Wagner di San Pietroburgo.

A riprova che fra il Cremlino e Prigozhin sia in corso il disgelo, ieri è stato confermato anche l’allontanamento di Valerij Gerasimov, il capo dello Stato maggiore in carica, dal comando delle truppe in Ucraina. Un ‘contentino’ che Putin è stato evidentemente costretto a dare, non soltanto a Prigozhin (che per mesi aveva pubblicamente attaccato Gerasimov giudicandolo un «incompetente») ma anche ai settori della stampa e dell’opinione pubblica russa alla ricerca spasmodica di un capro espiatorio per i rovesci subiti dall’esercito nell’ultimo anno di guerra. Del resto, malgrado manchino sondaggi specifici, Prigozhin resta ancora uno dei personaggi pubblici più popolari, soprattutto in provincia.

Secondo alcuni blog russi sempre ben informati sulle vicende interne al Cremlino, a fronte del ritiro dei wagneriti dal teatro della Repubblica Centroafricana sarebbe stata garantita la permanenza dei suoi uomini in Siria e in Venezuela. Tuttavia a Putin, ancor più che la compagnia militare privata, interesserebbe ‘recuperare’ alla causa l’impero informativo che silenziosamente Prigozhin ha costruito nell’ultimo decennio. Già nel 2012-2013 il portale “Fontanka” aveva messo in luce come la campagna elettorale americana del 2013-2014 che condusse alla vittoria di Donald Trump fosse stata inquinata non soltanto da canali televisivi apertamente finanziati dal Cremlino (come “RT News”) ma soprattutto da una molteplicità di siti informativi e troll sui social network specializzati nel produrre fake news a getto continuo.

Questa rete messa in piedi con determinazione da Prigozhin è poi diventata realtà pubblica nel 2019 con la creazione dell’agenzia informativa “Patriot” (subito battezzata “la fabbrica dei troll”) che attualmente gestisce un flusso informativo che tocca quotidianamente 6 milioni di utenti. Con oltre 300 piccole e piccolissime testate e 600 dipendenti al suo servizio, per anni “Patriot” è stata in grado di veicolare in molti Paesi aderenti alla Nato la propaganda sovranista e anti-occidentale del Cremlino, in maniera informale e spregiudicata. Si tratta di un’arma non convenzionale, che nella Guerra fredda 2.0 può avere un ruolo decisivo. Soprattutto per questo Prigozhin, da “traditore della patria” è già tornato, di fatto, a essere un importante braccio destro di Putin.

di Yurii Colombo

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