Prigozhin, incubo di Putin, scatena la guerra civile
| Esteri
La rivolta del capo di mercenari russi e leader supremo della famigerata “Wagner”, Prigozhin, è solo l’ultimo caso di un signore della guerra che si ribella al suo “padrone”
Prigozhin, incubo di Putin, scatena la guerra civile
La rivolta del capo di mercenari russi e leader supremo della famigerata “Wagner”, Prigozhin, è solo l’ultimo caso di un signore della guerra che si ribella al suo “padrone”
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Prigozhin, incubo di Putin, scatena la guerra civile
La rivolta del capo di mercenari russi e leader supremo della famigerata “Wagner”, Prigozhin, è solo l’ultimo caso di un signore della guerra che si ribella al suo “padrone”
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AUTORE: Fulvio Giuliani
Dalla notte dei tempi gli eserciti privati – i mercenari – hanno sempre issato i re sul trono, per farli poi precipitare con eguale indifferenza. Seguono i propri interessi e il denaro, unici idoli che riconoscano.
Da che storia è storia, i mercenari non si controllano, al massimo ci si illude di farlo, perché dai “soldati di ventura” dell’antica letteratura ai moderni professionisti della guerra in vendita al miglior offerente tutti rispondono a una sola regola: quella del guadagno personale e del potere del loro capo.
Un tempo c’erano i “bottini di guerra” ad arricchire le paghe, oggi almeno quello ce lo risparmiamo, ma solo formalmente, perché gli eserciti privati non rispondono a nessuna regola. Quanto all’etica, stiamo parlando di guerra e la guerra resta la cosa più lurida che esista.
La rivolta del capo di mercenari russi e leader supremo della famigerata “Wagner”, Evgenij Prigozhin, è solo l’ultimo caso di un signore della guerra che si ribella al suo “padrone”. Per meglio dire, a chi si era convinto di poterlo controllare per raggiungere i propri scopi. Ci sono sempre stati re, dittatori e aspiranti tali, satrapi e avventurieri della peggior specie sicuri di poter tenere al guinzaglio questi soggetti. Solo che gente come Prigozhin, allevata ai peggiori principi della violenza e del potere per il potere, è incontrollabile per definizione. Una bomba piazzata nel cuore di quel sistema militare e politico che avrebbe dovuto puntellare e portare alla vittoria.
Per Vladimir Putin, comunque vada a finire, la rivolta di queste ore è un disastro. Se anche solo una parte dell’esercito regolare dovesse passare dalla parte della “Wagner”, si precipiterebbe in una guerra civile e nella fine traumatica e sanguinosa dei sogni imperialisti di questo folle e incosciente emulo degli zar.
Se l’esercito deciderà di restare fedele al Cremlino, la repressione sarà in ogni caso sanguinosa e politicamente devastante, lasciando il potere di Putin profondamente ferito e di fatto in mano ai militari. Comunque la si guardi, un incubo per chi pensò di farsi imperatore di una “grande Russia” mangiandosi in 72 ore l’Ucraina. Un anno e mezzo dopo si ritrova con la guerra in casa e Rostov, una delle più importanti città del Paese, in mano a una banda di mercenari fuori controllo e al suo apocalittico capo.
Anche fra noi che abbiamo sempre sostenuto con convinzione e dal primo istante le ragioni del Paese aggredito – che sono quelle della libertà – le notizie di queste ore sono inquietanti. Non certo per il destino personale e politico di Putin, comunque sia un Dead Man Walking, ma per il futuro della Russia. Oggi sospeso fra due tragedie, mentre non sembra neanche intravedersi una figura in grado di riportare un briciolo di razionalità (non osiamo parlare di democrazia) in un gigante in preda a convulsioni impressionanti.
E la Cina sta a guardare, sorniona e pronta a papparsi senza sforzo un Paese prostrato.
di Fulvio Giuliani
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