ProvocAzione russa
ProvocAzione russa: cosa si cela dietro l’avvistamento dei droni sui nostri spazi aerei. Trattasi di comunicazioni politiche non militari

ProvocAzione russa
ProvocAzione russa: cosa si cela dietro l’avvistamento dei droni sui nostri spazi aerei. Trattasi di comunicazioni politiche non militari
ProvocAzione russa
ProvocAzione russa: cosa si cela dietro l’avvistamento dei droni sui nostri spazi aerei. Trattasi di comunicazioni politiche non militari
Gli sconfinamenti russi – questo continuo bucherellare i nostri spazi aerei con droni e aerei inoffensivi – parlano alle nostre opinioni pubbliche. Sono comunicazioni politiche, non militari. Testano i tempi di reazione, ma nessuno può mettere in dubbio che in caso di attacco la reazione ci sarebbe eccome. Il fatto è che testano anche il grado di assorbimento della propaganda russa e l’efficacia ambivalente della provocazione. L’errore più grosso consiste nel celarne il significato ai cittadini, magari pensando di tutelarne la tranquillità.
In condizioni normali – che non sono quelle della pace universale ma della diffidenza nella convivenza, quelle che precedevano la criminale invasione russa dell’Ucraina – sconfinamenti di quel tipo avvengono in continuazione. Non sono voluti, se voluti lo si nega e le rispettive aviazioni sono in grado di gestirli senza chiasso e (troppi) pericoli. Non siamo in condizioni normali e taluni di quegli sconfinamenti sono stati fatti apposta perché fossero visibili e per suscitare una reazione. La provocazione era duplice: se non reagite faremo sapere ai vostri cittadini che siete inerti, se reagite che siete guerrafondai. Lo sconfinamento voluto serve a creare insicurezza. La reazione allo sconfinamento serve a far dire che il pericolo arriva da chi ne inventa di inesistenti.
In questa guerra ibrida i russi puntano a logorare il sistema nervoso delle democrazie occidentali, agevolati dal fatto che quello americano schizza dagli applausi a Putin alla sollecitazione ad abbattergli gli aerei sconfinanti. Alle nostre opinioni pubbliche indicano da una parte i rischi che corriamo nel restare al fianco dell’Ucraina, dall’altra i rischi che creiamo facendo governare chi continua ad attribuire responsabilità alla Russia. Così le destre di oggi si comportano come le sinistre di ieri: si dicono pacifisti restando serventi dei guerrafondai.
In questa guerra il caos è un elemento favorevole per l’aggressore. Dei droni vengono avvistati nei pressi di un aeroporto? Non si esclude che siano russi. I sistemi informatici saltano? Potrebbero essere stati i russi. Nel moltiplicarsi di questi episodi state certi che entreranno casi in cui i russi non c’entrano o c’entrano nel modo peggiore: come sollecitatori e non come esecutori. Il che renderà facile dire agli europei: non lo vedete che siete governati da gente pericolosa, che pur di non darvi i servizi sanitari sono pronti ad aggredire gli altrimenti pacifici russi? Ovviamente il favore alle industrie belliche sarà l’ingrediente universale utilizzato da ogni bravo propagandista che guarda a Mosca e ci vede quello che non c’è mai stato: ieri l’uguaglianza nella libertà, oggi la nazione e la fede.
Leader politici che aspirino al titolo di statista non mettono le mani sui fianchi per annunciare che li abbatteremo tutti. L’azione dopo la provocazione consiste nel parlare all’opinione pubblica per rassicurare che si è calmi, ma pronti. Poi si corre a modificare gli schemi di difesa, perché non si può sparare col fucile a una mosca come non si può abbattere un drone con un missile che costa infinitamente di più. Così ci si svena e basta. E si corre a rendere continentali le industrie della difesa, perché spendevamo già più della Russia, ma in maniera disfunzionale.
Comprensibile che taluni stiano già preparando i propri cittadini a possibili attacchi bellici, ma è più efficace spiegare che la pace ha dei costi e delle condizioni, sicché non si può preservarla sperando nella predicazione e nella manifestazione, meglio la precauzione e la deterrenza.
In questa guerra ibrida dobbiamo imparare a riconoscere che i soli punti forti della propaganda russa sono i nostri punti deboli, che vanno affrontati. A cominciare dal saper dire che i presunti sovranisti nostrani hanno già scelto la sudditanza a Mosca e sono i più attivi avversari della nostra sovranità. In Francia, in Germania, in Italia si trovano sia a destra che a sinistra. Soltanto da noi si trovano sia al governo che all’opposizione.
Di Davide Giacalone
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