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Putin tra gruppi clandestini e Deep State

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Putin tra diversi scenari e inquietudini dopo l’attentato a Dugin.

Putin tra gruppi clandestini e Deep State

Putin tra diversi scenari e inquietudini dopo l’attentato a Dugin.

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Putin tra gruppi clandestini e Deep State

Putin tra diversi scenari e inquietudini dopo l’attentato a Dugin.

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Gli analisti si stanno interrogando se esista davvero la fantomatica Nra, l’Armata Repubblicana Nazionale che per il dissidente russo Ponomarev, ex deputato della Duma, è responsabile dell’attentato contro Darya Dugina. Si tratterebbe di attivisti russi, membri militari e politici che sarebbero combattenti e partigiani contrari alla guerra nella vicina Ucraina. I russi hanno invece accusato le forze speciali di Kiev e qualche ‘falco’ ha persino insinuato la mano dei servizi britannici. In ogni caso è dubbia la ricostruzione fornita dallFsb sulle responsabilità dell’ucraina Natalya Vovk, spacciata per appartenente al battaglione Azov. In un Paese in guerra e che ha un avanzato sistema di controlli interni non si comprende come la straniera non fosse stata individuata per tempo e dopo l’attentato anche lasciata fuggire in Estonia.

Zelensky ha escluso ogni coinvolgimento di Kiev. L’attentato in questo momento storico non è comunque vantaggioso per l’Ucraina e i Paesi che la sostengono. Un diverso cambio di strategia con attacchi diretti in territorio russo espone al rischio di escalation, che preoccupa sempre Usa e Unione europea. Inoltre l’‘avvertimento’ è controproducente per il processo farsa di Mariupol, dove i combattenti dell’Azov ora rischiano seriamente di essere condannati a morte.

Si è parlato di gruppi della resistenza ucraina non direttamente controllati dal governo centrale, già autori di atti di sabotaggio compiuti in territorio russo appena fuori dal confine. Se fosse vero, sorprende la capacità di penetrazione dell’operazione, giunta a trasportare in territorio russo 400 grammi di tritolo e a colpire di fatto la capitale. L’acuto consigliere di Zelensky, Mychajlo Podoljak, ha dato un’altra lettura. Il gesto andrebbe ricondotto a due componenti, forse tra loro collegate: 1) gruppi terroristi presenti in Russia già in passato, che ora dissentono dalla guerra e comunque dal sistema di Putin; 2) il Deep State moscovita, cioè esponenti degli apparati militari e dei servizi segreti che odiano Putin e hanno già manifestato dissenso contro le modalità di conduzione della guerra in Ucraina. Da qui il gesto simbolico: colpire Dugin per colpire il Putin-pensiero, i ‘falchi’ come Lavrov e Medvedev nonché il loro seguito, che detiene il sopravvento negli apparati di sicurezza dello Stato.

A prescindere dalla responsabilità dell’attentato, è comunque certo che in Russia siano sorte formazioni clandestine che hanno iniziato a opporsi, sotto diverse prospettive, al regime putiniano e alle scelte fatte sulla guerra in Ucraina. Tra queste figura il gruppo “Opposizione ferroviaria alla guerra” che a marzo ha attivato su Telegram il canale anonimo “Fermiamo i vagoni” e creato un sito con la mappa degli snodi ferroviari da colpire. Al gruppo sono già stati attribuiti oltre 20 sabotaggi e 63 deragliamenti di treni merci. Un altro gruppo è quello “ultrapacifista” ritenuto responsabile di numerosi e strani incendi dolosi, tutti appiccati a uffici di reclutamento. Forse anche per questo Putin non ha ancora dichiarato la mobilitazione generale e analisti come Mark Galeotti valutano più concreta la possibilità di un “cigno nero”: un evento solo apparentemente imprevedibile, che potrebbe rilevarsi uno shock traumatico per Putin.

di Maurizio Delli Santi

Membro dell’International Law Association

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