Quando la piccola Wendy colpì Big Mac
È negli anni Ottanta che i giganti del fast-food si sfidarono a colpi di hamburger con investimenti milionari. Tra McDonald’s e Burger King, la “piccola” Wendy riuscì a ritagliarsi una propria quota di mercato.
| Esteri
Quando la piccola Wendy colpì Big Mac
È negli anni Ottanta che i giganti del fast-food si sfidarono a colpi di hamburger con investimenti milionari. Tra McDonald’s e Burger King, la “piccola” Wendy riuscì a ritagliarsi una propria quota di mercato.
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Quando la piccola Wendy colpì Big Mac
È negli anni Ottanta che i giganti del fast-food si sfidarono a colpi di hamburger con investimenti milionari. Tra McDonald’s e Burger King, la “piccola” Wendy riuscì a ritagliarsi una propria quota di mercato.
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È negli anni Ottanta che i giganti del fast-food si sfidarono a colpi di hamburger con investimenti milionari. Tra McDonald’s e Burger King, la “piccola” Wendy riuscì a ritagliarsi una propria quota di mercato.
Gli anni Ottanta non furono affatto anni tranquilli. Sì, gli anni di piombo erano ormai alle spalle e guerra nel Golfo, Twin Towers, Bin Laden, Isis e pandemie varie sarebbero sbucate tempo dopo. Ma nel decennio dell’effimero e del disimpegno, della walky cup e della Milano da bere, la lava di violenza e conflitti serpeggiava sotto il tepore familiare del Mulino Bianco. Reagan bombardò la casa di Gheddafi. Craxi fermò Reagan. La stretta di mano tra russi e americani divenne sempre più gelida. Spararono a Reagan, spararono al Papa. Si salvarono entrambi. Iran e Iraq fecero esplodere uno dei più terribili conflitti della storia dell’umanità. E poi Tien An Men, le Falkland. No, non fu un decennio tranquillo.
Altrettanto bellicoso fu il mondo del commercio. Guerre intestine, spietate, senza spargimenti di sangue (forse) ma con tante vittime. Incursioni del marketing costate milioni e milioni di dollari alla stessa stregua di uno sforzo bellico. Gli Stati Uniti – quindi l’Occidente intero – il principale campo di battaglia. Multinazionali varie a contendersi, come un drammatico Risiko del consumo, fette significative di mercato. La guerra più epocale la ricordiamo tutti: fu quella della Coca Cola contro Pepsi. Quella infinita fu invece McDonald’s contro Burger King e poche outsider come Wendy’s, Kentucky Fried Chicken, Hardee’s, Burger Chef e resto del globo. Sappiamo come andò a finire: vinse McDonald’s, conquistando il mondo, sbancando il mercato, umiliando la concorrenza. Quindi, the winner takes it all e… amen.
Non è stata, però, una vittoria semplice e lineare. Anzi. In quegli anni Ottanta il mercato era segmentato e incerto, lo sforzo comunicazionale improbo: convincere che la propria ‘casa’ ove consumare una polpetta di carne fosse migliore di tutte le altre. Il positioning non era certo facile. Le migliori menti di quella generazione scesero in campo, tenute in fibrillazione perenne da budget milionari. McDonald’s adottò una strategia ‘familistica’: pensò alla gioia dei più piccoli e scelse per i propri locali colori più vivaci, palloncini a iosa e bevande zuccherate. Convinse ulteriormente i genitori con un prodotto dal rapporto qualità/prezzo nel tempo celebrato persino dalle guide Michelin e protocolli d’igiene a prova di Tribunale. Burger King puntò invece su una suggestiva ripartizione dello spazio, più ampio e accogliente, ideale per la socializzazione dei teenager, con addizionata la possibilità di studiare in loco.
Lo stratega della outsider Wendy’s a quel punto passò qualche notte insonne. I due colossi avevano coperto quasi tutti gli spazi di manovra. Che fare? La notte portò consiglio e la Wendy’s comprese una cosa. Semplice e di sostanza. Agli americani gli hamburger piacevano davvero. Era un piatto della loro tradizione. Con un sillogismo rapido, creò una headline destinata a fare storia: «Where’s the beef?» (scritto da Cliff Freeman, lo slogan entrò rapidamente nella cultura americana, tanto che venne poi utilizzato anche da Walter Mondale contro Gary Hart durante le primarie democratiche).
«Dov’è la carne?» urlava la vecchietta americana della pubblicità (l’ottantenne Clara Peller), osservando indignata i panini offerti dalla concorrenza e il loro misero hamburgherino ficcato dentro. Miracoli della pubblicità comparativa, l’America promosse Wendy’s e il suo hamburger più grande, di forma quadrata (quindi più facile da mangiare) e più sugoso («Avrete bisogno di più tovagliolini», recitava lo spot), come voleva la tradizione. Le vendite della Wendy’s decollarono. Il suo fatturato aumentò del 26% e si accaparrò la fetta più adulta dei consumatori di carne bovina. Un cazzotto inaspettato per il King e Mc, che mal digerirono.
E guerra fu. Per alcuni mesi, a essere insonni furono gli archi dorati di McDonald’s e il megapanino arancione di Burger King. Poi la contromossa, nel giro di un solo mese e mezzo. Nel 1984 McDonald’s aumentò il paniere dei prodotti d’offerta, rivisitò alcuni piatti della tradizione e bombardò tv, radio, giornali con un investimento pubblicitario di 250 milioni di dollari. Tutto in un solo anno. Sforzo insostenibile per Burger King, meno ancora per Wendy’s, Kentucky Fried Chicken, Hardee’s e Burger Chef che furono annientate. McDonald’s oggi è il fast food per antonomasia. Le guerre si vincono anche così.
Di McGraffio
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