Quel che resta di Boris Johnson
Cosa resta di Boris Johnson? Sembra aver perso la guerra, da un anno fuori dalla politica che conta, dopo aver vinto tante battaglie
| Esteri
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Cosa resta di Boris Johnson? Sembra aver perso la guerra, da un anno fuori dalla politica che conta, dopo aver vinto tante battaglie
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Cosa resta di Boris Johnson? Sembra aver perso la guerra, da un anno fuori dalla politica che conta, dopo aver vinto tante battaglie
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Cosa resta di Boris Johnson? Sembra aver perso la guerra, da un anno fuori dalla politica che conta, dopo aver vinto tante battaglie
L’ultima accusa che gli è stata rivolta è di aver provato a ‘infastidire’ il lavoro della Commissione bipartisan voluta da Westminster sul Partygate. Boris Johnson sembra aver perso la guerra, dopo aver vinto tante battaglie. Da un anno è fuori dalla politica inglese che conta, dopo tre controverse stagioni al potere.
Qualche giorno fa il Parlamento britannico ha approvato una risoluzione contro di lui. Covid e feste durante i primi lockdown: all’ex primo ministro sono interdette alcune aree d’accesso al Parlamento. È stato costretto a dimettersi da parlamentare dopo aver letto in anteprima i contenuti del rapporto sul Partygate, sennò avrebbe incassato una sospensione record di 90 giorni. Johnson aveva definito «tribunale dei canguri» la Commissione bipartisan, ma una larga fetta dei Tories si è espressa a Westminster contro di lui: «È il peggior primo ministro della storia. Frivolo fino al midollo!» ha scritto Anthony Seldon in un editoriale su “The Independent”, sottolineandone la «flatulenza retorica».
BoJo si trova all’angolo, la politica e la stampa lo fanno a pezzi. Chi l’avrebbe mai detto? Ascesa e declino in meno di tre anni. Eppure c’è stato più di un frame in cui aveva in mano la politica europea: è stato il primo pezzo grosso a fare da sponda con Zelensky in funzione antirussa, oltre un anno fa, quando gli schieramenti sull’invasione putiniana in Ucraina non erano ancora del tutto definiti. L’ultimo viaggio a Kyiv dello scapigliato Boris c’è stato a gennaio, quando aveva già fatto le valigie da Downing Street. Il suo potere è stato così pervasivo che era bastata la minaccia di ritorsioni ai club di Premier League aderenti al progetto carbonaro della Superlega per determinare il loro dietrofront collettivo in meno di 48 ore.
Negli stessi mesi una campagna di vaccinazione a tappeto aveva rilanciato le attività produttive in Gran Bretagna, facendo dimenticare le prime fasi della sua gestione Covid, fra fiumi di morti e la strategia del «contagio graduale» e la ricerca dell’«immunità di gregge». Era la fase in cui era considerato il Donald Trump in salsa europea, il punto forse più alto del sovranismo in Europa.
La ‘benedizione’, che sa di condanna, era arrivata dallo stesso Trump nel 2019. Eccentrico, stravagante come l’ex presidente degli Stati Uniti, con la stessa tendenza a produrre gaffe in serie e a credere fermamente in quel che dice o quantomeno a farlo credere. Il tycoon americano prosegue la sua narrazione da vittima di un martirio mentre Johnson, dopo il voto del Parlamento, se ne sta in disparte. Diversa è anche la percezione dell’elettorato: Trump conta ancora su circa il 40% del voto repubblicano, Johnson invece incasserebbe l’appoggio di circa il 15% dei Conservatori.
Eppure era arrivato al vertice del partito e poi del governo con un discreto credito maturato da sindaco di Londra (doppio mandato). La capitale inglese ha saputo ospitare come nessun’altra sede le Olimpiadi estive, nel 2012. La City è stata anche un laboratorio di politica verde. Oltre allo scandalo dei festini durante il lockdown (si è dimesso prima dalla guida dei Conservatori, poi del governo), ha pagato l’endorsement incondizionato alla Brexit, di cui è stato l’architetto e che ora sta costando cara ai britannici. La strategia del Global Britain – fuori dall’Ue, gelo con la Cina, asse con gli Stati Uniti – non è bastata a reggere l’urto.
Ora BoJo scrive editoriali per il “Daily Mail”: 600mila euro annui per raccontare di formaggi e salame. Attende il prossimo giro. Lo scandalo dei festini a Downing Street è stato enorme, ma secondo alcuni commentatori britannici è servito almeno a rimetterlo al centro del ring, mentre Rishi Sunak è in netto calo di consensi. L’uomo Johnson resta imprevedibile, il politico anche di più. Attendiamo la sua prossima mossa.
di Nicola Sellitti
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