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Nel Regno Unito continuano gli scioperi

Sunak annaspa nel fare fronte alla crisi del settore pubblico. Intanto gli scioperi nel Regno Unito continuano  
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Nel Regno Unito continuano gli scioperi

Sunak annaspa nel fare fronte alla crisi del settore pubblico. Intanto gli scioperi nel Regno Unito continuano  
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Nel Regno Unito continuano gli scioperi

Sunak annaspa nel fare fronte alla crisi del settore pubblico. Intanto gli scioperi nel Regno Unito continuano  
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Sunak annaspa nel fare fronte alla crisi del settore pubblico. Intanto gli scioperi nel Regno Unito continuano  

Londra – Scuole chiuse e treni fermi, cortei e manifestazioni in ogni città della Gran Bretagna. Lo sciopero di mercoledì 1 febbraio ha seguito quello dei medici e paramedici di alcune settimane fa. Sunak afferma di cercare il dialogo ma intanto fa passare una legge anti-sciopero ai Commons. Se la legge venisse approvata anche dalla Camera dei Lord il governo avrebbe il potere d’impedire ad alcuni dipendenti pubblici di scioperare, pena il licenziamento. La controversa manovra ha trovato subito lo sdegno dei leader dei sindacati e dell’opposizione. La sottosegretaria del Partito laburista Angela Rayner ha descritto la manovra come una delle «più indifendibili e sciocche mai presentate ai Commons in tempi moderni», aggiungendo che si tratta di «un assalto vendicativo alle libertà fondamentali dei lavoratori britannici».

Al di là della controversia, la minaccia di licenziamento appare fuori dalla realtà. Il problema infatti è proprio l’esodo del personale. In 13 anni, per esempio, gli insegnanti hanno perso il 20% del loro potere di acquisto. Dietro la richiesta di un adeguamento degli stipendi al costo della vita c’è la spinta a far ripensare una gestione “al risparmio” del settore pubblico che ha condotto a un collasso strutturale causato da un’emorragia di figure professionali. Medici, paramedici e insegnanti abbandonano la professione per cercare impiego in altri settori. Secondo un’analisi del Department for Education, su 270mila insegnanti che si sono qualificati in Inghilterra tra il 2011 e il 2020, più di 81mila hanno da allora lasciato la professione, ovvero quasi un terzo. Gli stipendi non sono più sufficienti a coprire il costo esorbitante degli affitti, dei trasporti e delle bollette. Inoltre, l’endemica assenza di personale obbliga chi resta a lavorare in condizioni proibitive.

Scuole e strutture sanitarie operano in un persistente stato di emergenza. Il personale che abbandona non viene sostituito per assenza di domanda. Interi reparti ospedalieri vengono lasciati a pochi e insufficienti infermieri, con medici solo in chiamata; nelle scuole superiori professori d’inglese devono improvvisarsi matematici; nelle elementari i presidi sono costretti ad abbandonare le mansioni amministrative per coprire le classi. Quelle che un tempo erano giornate eccezionali ora sono la norma. Pertanto minacciare di licenziare chi, malgrado tutto, resta nella professione sarebbe inapplicabile perché non ci sono sostituti.

Ma a rendere le manovre di Sunak effimere c’è soprattutto l’opinione pubblica: quella che applaude il personale sanitario sceso in piazza; quei genitori che davanti alle scuole applaudono i picchetti, piuttosto che essere indignati per la chiusura. Il messaggio che la questione non sia soltanto legata agli stipendi ma alla dignità della professione e alla rivalutazione delle istituzioni sanitarie e scolastiche ha raggiunto larga parte del pubblico britannico, che solidarizza con gli scioperanti.

Smarrito tra gli scandali, costretto a licenziare il ministro Zahawi per evasione fiscale e con il suo vice Raab sotto inchiesta per bullismo, Sunak annaspa nel fare fronte alla crisi del settore pubblico. Intanto gli scioperi continuano.

di Alessandra Libutti

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