Ripartire dalla cultura per riportare la Crimea in Ucraina
La Crimea Platform, il governo in esilio della penisola: «Un conto sono gli “studi russi”, un altro quelli ucraini. Capirlo, e farlo capire, è il primo fondamentale passo per smontare la propaganda di Putin»

Ripartire dalla cultura per riportare la Crimea in Ucraina
La Crimea Platform, il governo in esilio della penisola: «Un conto sono gli “studi russi”, un altro quelli ucraini. Capirlo, e farlo capire, è il primo fondamentale passo per smontare la propaganda di Putin»
Ripartire dalla cultura per riportare la Crimea in Ucraina
La Crimea Platform, il governo in esilio della penisola: «Un conto sono gli “studi russi”, un altro quelli ucraini. Capirlo, e farlo capire, è il primo fondamentale passo per smontare la propaganda di Putin»
Kyiv – A chi dice che la Crimea non è più ucraina dal 2014 andrebbe consigliata una visita a un basso edificio dal sapore monastico nel centro di Kyiv. Qui, passato il rigido controllo passaporti da parte dell’esercito, ci accoglie un ordinato giardino piantumato a meli. Una targa, accanto al portone, recita: “Rappresentanza permanente del presidente dell’Ucraina nella Repubblica autonoma di Crimea”. Qui, fino all’annessione forzata della penisola da parte di Putin, venivano amministrati i rapporti tra questa (entità autonoma all’interno dello stato ucraino) e il potere centrale.
Oggi l’edificio non ha cambiato troppo la sua funzione. All’interno opera la Crimea Platform, la nuova veste della rappresentanza governativa. Suo compito è operare nel mondo per smontare la propaganda russa e creare così le condizioni per la giusta restituzione della penisola all’Ucraina. Ma la strada non è semplice. Il territorio è sì saldamente occupato dalle truppe e dai funzionari del Cremlino, ma il maggiore ostacolo sembra essere un altro: il riconoscimento culturale.
La Russia sostiene da anni che la Crimea sarebbe intimamente russa, indebitamente trasferita sotto il controllo di Kyiv ai tempi dell’Urss. Come del resto l’intero territorio ucraino, la cui cultura sarebbe russa in quanto base di quella moscovita. Alla Crimea Platform la visione è diversa: «Un conto sono gli “studi russi”, un altro quelli ucraini. Capirlo, e farlo capire al mondo, è il primo fondamentale passo per smontare la propaganda di Putin». E dunque viene tirata in ballo la popolazione autoctona: i tartari. Soggetti a infinte influenze nel corso dei secoli (dai greci ai romani, passando poi per veneziani, genovesi e ottomani), i locali hanno sviluppato tradizioni, lingue e sentimenti del tutto affini a quelli dell’Ucraina continentale. «In fondo, a confermare che la Crimea non è russa, ci pensa la geografia: con noi è connessa naturalmente, con Mosca no. Anche per questo Krushev la trasferì amministrativamente a noi».
Altra conferma è la presenza costante dell’opposizione agli occupanti. I rappresentanti governativi ci parlano di 223 persone arrestate dal Cremlino per reati politici in Crimea, con età comprese tra i 70 e i 18 anni. Per la maggioranza sono proprio tartari, cui basta essere ascoltati durante conversazioni private e anche solo parzialmente critiche nei confronti di Putin per essere fermati. Con loro i contatti sono assai sporadici (a volte tra una chiamata o una lettera e l’altra passano anni), come lo sono con i nuclei armati partigiani che continuano a flagellare le attività dell’occupante. «Se si sentissero russi perché mai dovrebbero ancora combattere, dopo 11 anni?»
L’impegno della Crimea Platform è chiaro: portare anche il tema culturale sui tavoli internazionali. Il prossimo luglio Roma ospiterà l’annuale incontro della Ukraine Recovery Conference. Durante l’evento tende a prevalere (come è logico che sia) il tema della ricostruzione economica. Ma quest’anno i rappresentanti della Crimea hanno posto all’ordine del giorno anche la questione culturale. Perché anche la tradizione, quella vera, deve essere ricostruita con la stessa forza di edifici e strade. A partire dalla Crimea. Perché, come dicono con grande sicurezza i rappresentanti del governo della penisola, «tutto è iniziato qui, e tutto finirà qui».
Di Umberto Cascone
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