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Ruolo strategico e forza negoziale della Turchia

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Il Mar Nero è uno dei campi nei quali si sta giocando la guerra in corso, ma la Turchia sembra non aver preso una posizione netta.

Ruolo strategico e forza negoziale della Turchia

Il Mar Nero è uno dei campi nei quali si sta giocando la guerra in corso, ma la Turchia sembra non aver preso una posizione netta.
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Ruolo strategico e forza negoziale della Turchia

Il Mar Nero è uno dei campi nei quali si sta giocando la guerra in corso, ma la Turchia sembra non aver preso una posizione netta.
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L’informazione mediatica sull’invasione russa in territorio ucraino è concentrata sulle notizie che arrivano dal fronte di terra e in particolare sui tentativi di conquistare le città più rilevanti e le infrastrutture strategiche. Ma l’evoluzione del conflitto si gioca anche su altre strategie, ad esempio il controllo del Mar Nero. Sono due gli stretti che lo collegano al Mediterraneo: il Bosforo che attraversa Istanbul e subito a Sud, sempre in Turchia, lo stretto dei Dardanelli che fa da confine fra Europa e Asia. Da sempre queste due regioni sono determinanti per quanto riguarda le strategie sia commerciali sia militari. Da qui passano betoniere, petroliere, containership e fregate militari che trasportano i loro carichi dalle repubbliche balcaniche ma soprattutto dalla Russia e dall’Asia per arrivare in Europa e viaggiare poi verso l’Atlantico e l’Oceano Indiano. Ogni giorno passano attraverso Istanbul 3 milioni di barili di petrolio, equivalenti al 3% del fabbisogno annuo mondiale. Non solo. Questa regione è determinante per tutto il commercio russo: di qui passano il 38% del suo petrolio e il 65% di tutto il suo export. Il Mar Nero è però anche determinante per l’economia delle altre repubbliche costiere come Romania, Bulgaria e Georgia ma soprattutto per l’Ucraina, tramite il quale esporta i prodotti agricoli e delle sue acciaierie. Il flusso attraverso gli stretti è regolamentato dalla Convenzione di Montreux del 1936. Responsabile della sua applicazione è la Turchia e l’esercizio dei suoi poteri non è sindacabile. Le sue decisioni sono svincolate dall’obbligo di sentire gli Stati firmatari o le Nazioni Unite. Anche se neutrale, in caso di conflitti armati Ankara ha il diritto di regolamentare e bloccare il transito delle navi commerciali e da guerra. Tuttavia, l’articolo 19 della Convenzione prevede un’eccezione per le navi che abbiano base in tale bacino e alle quali si riconosce il diritto di poter rientrare. Per tutti questi motivi il Mar Nero è uno dei campi nei quali si sta giocando la guerra in corso. A conflitto iniziato l’Ucraina ha chiesto alla Turchia di chiudere il passaggio degli stretti. Ankara ha quindi permesso solo il passaggio di navi militari russe registrate presso i porti del Mar Nero. Ha poi definito l’invasione russa in Ucraina un’inaccettabile violazione del diritto internazionale. Non dimentichiamoci che Ankara si era opposta alle politiche di Mosca in Siria e Libia nonché all’annessione unilaterale russa della Crimea del 2014. Negli anni recenti ha anche partecipato attivamente alla realizzazione della difesa ucraina tramite la vendita e lo sviluppo della flotta di droni in forza a Kiev. Ma soprattutto bisogna considerare che la Turchia è membro della Nato e se le posizioni dovessero inasprirsi con il coinvolgimento dell’Alleanza Atlantica la strategica regione del Mar Nero diventerebbe per Putin il suo peggiore tallone d’Achille. La posizione della Turchia non è però così netta. Quando la comunità internazionale ha deciso l’applicazione delle sanzioni contro Mosca, Ankara si è tenuta neutrale e poi insieme alla Cina si è dichiarata contraria. In fondo le relazioni fra Erdoğan e Putin sono state sempre efficaci negli ultimi anni, basti vedere le numerose cooperazioni attive nell’ambito della difesa e dell’energia ma soprattutto le numerose intese raggiunte anche quando i fronti erano opposti. La forza e le possibilità negoziali di Erdoğan per trovare una soluzione al conflitto sono quindi concrete. Bisogna vedere se la comunità internazionale vuole concedere al ‘sultano’ questo potere: i rischi di una sua successiva espansione, difficilmente controllabile, non sono da sottovalutare. di Massimiliano Fanni Canelles

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