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La Siria crolla: Damasco cade, Assad fugge

Le forze ribelli a guida islamica hanno annunciato nella notte la conquista di Damasco e la “fuga” del “tiranno” Bashar al-Assad

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La Siria crolla: Damasco cade, Assad fugge

Le forze ribelli a guida islamica hanno annunciato nella notte la conquista di Damasco e la “fuga” del “tiranno” Bashar al-Assad

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La Siria crolla: Damasco cade, Assad fugge

Le forze ribelli a guida islamica hanno annunciato nella notte la conquista di Damasco e la “fuga” del “tiranno” Bashar al-Assad

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Le forze ribelli a guida islamica hanno annunciato nella notte la conquista di Damasco e la “fuga” del “tiranno” Bashar al-Assad

La Repubblica Araba di Siria non esiste più. Con un’avanzata che ha dell’incredibile, nei tempi e nei modi, le milizie jihadiste ribelli che gravitano attorno al movimento Hayat Tahrir al-Sham (Hts) hanno messo in ginocchio il già instabile governo centrale del dittatore Bashar al-Assad, costringendolo ad abbandonare un potere che spettava alla sua famiglia sin dal 1970. L’ultimo atto: la presa della capitale, Damasco.

Le forze armate regolari la consideravano imprendibile, fortificata e presidiata da truppe richiamate dagli altri fronti. E invece sono bastati un pomeriggio e una notte di schermaglie per far capitolare l’ultima roccaforte del regime. Prima erano cadute Aleppo, Homs, Hama, le tre città principali del Paese, tutte ancora controllate dal governo. ‘Ancora’, sì. Perché sin dalla Primavera araba del 2011 la Siria era precipitata in una violenta guerra civile, che aveva portato l’enorme territorio nazionale a spezzarsi in più aree e governi.

Sulla costa mediterranea restava Assad, con i suoi alleati russi in difesa (a Tartus e Latakia il Cremlino dispone tutt’ora di vaste basi militari). Nell’est più estremo, al confine con Turchia e Iraq, dominano le Forze democratiche siriane (Sdf), legate a doppio filo agli Stati Uniti e all’occidente, che da sempre spingono per una secolarizzazione del potere statale e per maggiori libertà politiche e popolari.

Nel mezzo, con l’eliminazione dell’Isis negli ultimi anni, resta una zona cuscinetto da cui è partita la riscossa dominata dall’Hts e da una serie di milizie minori. I ‘ribelli’, tanto osannati dalla stampa occidentale in questi giorni, che hanno abbattuto il sanguinario regime di Assad. Ma occorrerebbe maggiore prudenza. A guidare Hts è Abu Muhammad al-Jawlani, esperto comandante mujaheddin che si è fatto le ossa in al-Qaeda. La sua formazione è considerata terroristica da Stati Uniti, Gran Bretagna e gran parte dei Paesi europei.

Alle spalle di al-Jawlani, mediante la formazione fiancheggiatrice Syrian National Army, ci sarebbe la Turchia, interessata a strappare il controllo levantino alla Russia e a insidiare gli interessi di Washington per il proprio tornaconto. La velocità dell’avanzata ribelle prova da sola che gli appoggi esterni ci sono stati, e in maniera massiccia (che quella siriana sia sempre stata una proxy war, una guerra per procura tra vari attori internazionali, è noto).

Il futuro del Paese è quanto mai incerto. Il premier al-Jalali, con cui i ribelli stanno trattando, chiede libere elezioni e la pacificazione nazionale. Ma non è così semplice. Al liberatore al-Jawlani non basta, ora, presentarsi come un moderato: il suo passato è quello di tagliagole, e tagliagole sono pure i suoi uomini. Difficile poi pensare che gli Stati Uniti accettino la supremazia turca in Siria. E che la Russia, già in difficoltà in Ucraina, si limiti a ritirare le forze dalle uniche basi mediterranee accettando la sconfitta dell’alleato Assad.

Già, Assad. Che ne è di lui? Da giorni si rincorrono voci di una  fuga a Mosca o a Teheran. Il presidente non si è più mostrato alla nazione, nonostante numerosi annunci in tal senso. Quando i ribelli hanno raggiunto la sua residenza di Damasco l’hanno trovata vuota. E anche il corpo di guardia personale sembra sparito nel nulla. Le intelligence e lo stesso governo locale parlano di un trasferimento in volo verso la base russa di Latakia nel nord del Paese, e da lì verso Mosca. Ma da ieri sera nessuna notizia. C’è solo una strana coincidenza: pochi minuti prima della caduta dell’aeroporto della capitale, un aereo di Stato è decollato verso nord. Ma poi ha perso quota in pochi istanti e si è schiantato. Non ci sono conferme, solo illazioni. Se Bashar al-Assad è morto, allora davvero la Repubblica Araba di Siria non esiste più.

di Umberto Cascone

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