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Squilibri

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Il concetto di generare la guerra per prepararsi alla pace crea nuovi squilibri. Una concezione che vale per l’Ucraina, ma anche per lo scontro tra il governo e il Colle

Squilibri

Squilibri

Il concetto di generare la guerra per prepararsi alla pace crea nuovi squilibri. Una concezione che vale per l’Ucraina, ma anche per lo scontro tra il governo e il Colle

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Squilibri

Il concetto di generare la guerra per prepararsi alla pace crea nuovi squilibri. Una concezione che vale per l’Ucraina, ma anche per lo scontro tra il governo e il Colle

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Anziché cercare la pace preparandosi alla guerra – secondo il detto di Vegezio, 400 d.C. – qui si genera la guerra preparandosi alla pace. Nel primo caso è la deterrenza, ovvero la forza militare che sconsiglia la guerra, a preservare la pace. Nel secondo, pensando che la pace si preservi cedendo alla forza militare, si innescano le guerre. Il piano di pace elaborato da Steve Witkoff e Kirill Dmitriev per conto di Stati Uniti e Russia è già tramontato. Seppellito dal suo squilibrio. Ma è la concezione che lo ha generato a creare nuovi squilibri, riverberandosi anche sulla grottesca vicenda della cena calcistica e della tensione creatasi fra il Quirinale e Palazzo Chigi. Con la cattiva impressione che non si sia stati capaci di schivare un agguato.

Per comprendere il contesto si deve partire dal fronte che Mosca ha scelto per muovere guerra all’ordine globale, ovvero l’Ucraina. Le cose possono essere così riassunte: 1. quando Putin ha ordinato l’invasione (2022) contava su un qualche cosa appena più movimentato della precedente presa della Crimea (2014), quindi a un conflitto che si sarebbe risolto molto in fretta, sostituendo il governo legittimo con qualche burattino; 2. non soltanto l’Ucraina decise di combattere per difendersi, ma l’Occidente uscì dal letargo e si schierò al suo fianco; 3. da quel momento la guerra è in stallo, Putin ha perso la sua scommessa e la Russia non può vincere con le bombe; 4. il che non significa che vincano gli ucraini, ma che la carneficina può durare a lungo (difatti siamo nei pressi del quarto anno);

5. negoziare un cedimento di territori in cambio della pace non è possibile – al contrario di quel che sostengono tanti che credono d’essere realisti – perché aprirebbe l’inferno delle conquiste territoriali armate, che si propagherebbe nel mondo e farebbe valere il principio secondo cui qualche cosa deve pur essere dato all’invasore; 6. un negoziato che ripristini l’integrità territoriale dell’Ucraina (figuriamoci poi se vi si ricomprende la Crimea) è impossibile, perché collasserebbe il Cremlino (che nella demolizione dell’ordine globale ha trovato un alleato nella Cina, che gli fornisce anche armi); 7. ragioni per cui, fin dall’inizio, la logica suggerisce soltanto soluzioni di tipo coreano, vale a dire delle non soluzioni che fermino il conflitto senza sfociare in un trattato di pace.

In queste condizioni il fronte di Putin si sposta da quello armato e immobile a quello politico, che si trova dentro le democrazie occidentali, dentro di noi. La chiave per vincere quel che non riesce a conquistare sta nel rompere il blocco che sostiene l’Ucraina. Il suo maggiore successo – questo sì di portata storica e non passeggera – è stato la rielezione di Trump.

Un giorno, forse, sapremo cosa spinge l’odierna Casa Bianca a demolire la forza statunitense nel mondo, se per capire ci si deve rivolgere a chi studia la mente umana o a chi scandaglia i bassifondi dei ricatti. Comunque quello è un fatto: Trump fa di tutto perché il problema sia risolto dalla vittoria di Putin sul campo, non di meno Putin non riesce a vincere e prova a spezzare le altre democrazie.

Il cesso dorato trovato a casa di ucraini profittatori di guerra gli consente, guidando il regime più corrotto del pianeta, di parlare alle nostre opinioni pubbliche con il linguaggio del moralismo senza idea della storia. I contrasti interni alle nostre democrazie – che sono la nostra forza – diventano ottime armi di guerra ibrida, per dissanguarci moralmente.

Non ho idea se la cena romanista di Cristofori avesse russi nel menù, di sicuro li ha fra i consumatori del piatto in cui si serve il bollito dei rapporti fra Quirinale e Palazzo Chigi. Di sicuro quella roba è stata lanciata e rilanciata da chi ha appoggiato e facilitato ogni campagna di falsità moscovite. Di sicuro giova ai supporter italiani di Putin e di sicuro indebolisce la nostra politica estera.

Il fatto che nel mondo si producano molti squilibri, però, non è un buon motivo per mostrarsi squilibrati.

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